Kme, con il pulper meno costi e emissioni

1 dicembre 2017 | 17:57
Share0
Kme, con il pulper meno costi e emissioni

L’energia rappresenta il terzo costo, in termini di incidenza sulle spese, per Kme. Ed è con l’obiettivo di abbatterne l’impatto che l’azienda intende realizzare per lo stabilimento di Fornaci di Barga un impianto termovalorizzatore che lavorerà gli scarti di cartiera (il pulper) per produrre in maniera autonoma energia elettrica, che servirà al solo fabbisogno dell’azienda. Nessun interesse a farne un business, tantomeno a mettere a rischio la salute e l’ambiente. E’ quanto i vertici dell’azienda hanno ribadito oggi pomeriggio (1 dicembre) all’incontro con i sindacati di settore della Cisl, Cgil e Uil alla sede di Confindustria Toscana Nord a Lucca. Spiegando anche che con il nuovo impianto le attuali emissioni saranno ridotte di almeno un terzo e che al termovalorizzatore lavoreranno circa 30 dipendenti. Un ulteriore risvolto del piano presentato alle sigle dall’azienda è proprio quello legato al personale: in prospettiva questa operazione, che prenderà il via nel 2018 per concretizzarsi nell’arco di due, massimo tre anni, potrebbe portare anche alla necessità di nuove assunzioni.

E’ quanto spiegato dalla società, nel ribadire che l’ingente investimento a Fornaci è da leggere come precisa intenzione di consolidare la presenza sul territorio, qualificandola ulteriormente. Oltre al consolidamento della lavorazione metallurgica, infatti, Kme punta al rilancio del Centro ricerche Luigi Orlando, che nelle intenzioni dell’azienda diventerà un polo di formazione  e sperimentazione per lo sviluppo dell’economia circolare. E’ stata la Fiom Cgil a chiedere garanzie sulla esistenza di eventuali piani alternativi al nuovo impianto: “L’azienda, a domanda precisa – sottolinea Mauro Rossi, segretario provinciale della Fiom Cgil – ha inteso tranquillizzare spiegando che esiste una ipotesi ulteriore, nel caso in cui per qualche motivo il progetto dell’impianto non venisse realizzato, ovvero quella di riaccendere il forno Asarco, che era stato spento proprio perché non era stato giudicato sostenibile in termini economici rispetto ai volumi di produzione presenti. Per questo diciamo che sia stati tranquillizzati, ma non più di tanto anche se nell’azienda abbiamo trovato massima disponibilità al dialogo”.
Il percorso di avvio dei lavori per la realizzazione del nuovo impianto, finito già nel mirino dei comitati cittadini che temono ripercussioni sulla salute, coinciderà con il 2018, anno in cui va a scadenza (per la precisione a settembre) l’accordo del 2016 che ha salvato il personale. Per l’azienda è fondamentale arrivare al rinnovo con un passo ulteriore per la riduzione dei costi energetici e l’impianto è stato proposto con questi obiettivi ai sindacati presenti all’incontro. L’azienda ha poi voluto tranquillizzare sul fronte delle emissioni, spiegando di aver compiuto già approfondimenti accurati in tal senso per verificare l’impatto del termovalorizzatore, che, è stato spiegato, ridurrà di ancora un terzo le emissioni che attualmente produce l’azienda e che comunque sono già entro i livelli stabiliti dalle normative in materia. “L’azienda ha anche assicurato di essere disponibile ad avviare un percorso di assoluta trasparenza – ha spiegato la segretaria provinciale di Fim Cisl, Narcisa Pellegrini -, mettendo a disposizione, sul web, i monitoraggi continui sulle emissioni dell’impianti”. In modo che tutti possano verificarle in tempo reale.
“Come abbiamo già avuto modo di spiegare – aggiunge Pellegrini – noi siamo per la difesa dei lavoratori. L’occupazione non può essere una forma di baratto nelle trattative aziendali, ma se le garanzie fornite saranno confermate per noi non c’è motivo di contrarietà al piano presentato dall’azienda”.
“Il piano presentato oggi – aggiunge Rossi di Fiom Cgil – è grosso modo quello che già conoscevamo. L’azienda ha precisato che si tratta di una parte del nuovo piano industriale e che non servirà a fare soldi, ma ad abbattere fino a portare possibilmente a zero i costi dell’energia. Non voglio entrare in questa fase nel merito della sostenibilità tecnica e sanitaria: siamo soltanto preoccupati se questo progetto non dovesse poi andare in porto. L’idea alternativa di riaccendere il forno Asarco ci convince proprio, perché all’epoca dello spegnimento fu spiegato che non era sostenibile economicamente in assenza di una produzione massiccia”.
Il percorso di confronto, comunque, è appena agli inizi: “A questo punto – sottolinea Narcisa Pellegrini di Fim Cisl – chiederemo che il tavolo sia allargato alle istituzioni e agli enti coinvolti, non soltanto della Provincia di Lucca ma anche della Regione”.