La Toscana dice no all’abolizione del reddito di cittadinanza

Già a luglio oltre 3800 persone rischiano di restare senza sostegno
“Il governo continua a fare la guerra ai poveri invece che alla povertà. Dopo aver azzerato il fondo per i contributi agli affitti, continua a far cassa tagliando ancora risorse alla lotta alla povertà, proprio mentre questa continua a crescere e a minacciare un numero sempre più grande di persone”. A dirlo è l’assessora alle politiche sociali Serena Spinelli che questa mattina ha partecipato alla seduta della commissione politiche sociali della Conferenza delle Regioni ed ha espresso il parere contrario della Toscana sul decreto legge del governo che dal 2024 abolisce il reddito di cittadinanza sostituendolo con due nuove misure, l’Assegno di inclusione (riservato solo a nuclei familiari con minori, persone con disabilità, over 60 e con Isee inferiore a 9.360 euro) e il Supporto per la formazione e il lavoro (destinato ai soggetti ‘occupabili’, cioè a chi ha tra i 18 e i 59 anni ed ha Isee inferiore a 6.000 euro).
Allo stato attuale del decreto, in Toscana già a luglio oltre 3800 persone rischiano di restare senza sostegno. Per il 2024, poi, le stime di Irpet indicano una riduzione di oltre 26mila beneficiari, per 31 milioni euro complessivi, con effetti ancora più pesanti negli anni successivi.
“Come Regioni abbiamo presentato una serie di emendamenti tecnici, ma che si limitano solo ad evitare le criticità più evidenti che rischiano di ricadere sui cittadini e di mettere in crisi i servizi sociali territoriali. Auspichiamo che vengano accolti, ma in ogni caso la valutazione resta del tutto negativa. Con questo decreto si restringe la platea dei beneficiari, si riducono gli importi e, di fatto, si tagliano fuori migliaia di persone e famiglie fragili, senza preoccuparsi di come potranno andare avanti dopo, creando nuove sacche di marginalità e di esclusione, in nome di una loro presunta occupabilità sul mercato del lavoro. Una misura di contrasto alla povertà è tale se è garantita a chiunque ne abbia bisogno e fino a quando tale condizione di bisogno non sia effettivamente superata. Il Governo va nella direzione opposta, quella per cui la la povertà è una colpa e non una responsabilità collettiva, per cui le disuguaglianze sono qualcosa da accettare e non da eliminare”.