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25 aprile, Maffei: “Denunciare sempre gli atti violenti, ci sono ancora cattivi maestri”

24 aprile 2021 | 16:10
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25 aprile, Maffei: “Denunciare sempre gli atti violenti, ci sono ancora cattivi maestri”

Il direttore dell’Istituto storico di Ponte a Moriano racconta una storia di violenza datata 1921 a Valdottavo

A poche ore dalla Festa della Liberazione, il direttore dell’Istituto storico lucchese della sezione di Ponte a Moriano, Daniele Maffei, ci racconta un episodio avvenuto nel maggio di cento anni fa tra Valdottavo e Ponte a Moriano.

“Nel ricordare il 25 aprile di questo anno, in questo momento così pieno di  preoccupazioni ed ansietà dove la solidarietà deve essere vincitrice di ogni egoismo di parte – scrive Maffei – ritengo giusto mettere in evidenza quanto è successo a Ponte a Moriano e Valdottavo, dove furono compiuti atti di violenza inaudita“.

“A Ponte a Moriano – racconta – esiste un monumento che ricorda la tragica aggressione di un componente della famiglia di un casellante della ferrovia Lucca-Aulla e della sua conseguente morte per le dure violenze ricevute. Il fatto è accaduto la sera del 24 maggio 1921. Fu aggredito a casa da un gruppo di giovani, sollecitati da autorevoli personaggi politici perchè – si diceva – lui era a conoscenza di fatti collegati con il grave incidente sulla via Lodovica a Valdottavo. Incidente dove c’erano stati morti e feriti gravi a seguito di caduta massi su di un automezzo scoperto dove si trovavano dei giovani fascisti che ritornavano da una cerimonia. Era la sera del 22 maggio”.

“La storia dei fatti – racconta – dimostrata da documenti ufficiali , resoconti di giornali, serie testimonianze, libri e saggi che nel tempo si sono evidenziate, dice che fu opera di giovani appartenenti al nascente Pnf che, volendo prendere il potere con la forza, colpivano e agivano intimidendo le persone e la popolazione per arrivare allo scopo che si erano prefissati. In Lucchesia le violenze squadristiche nell’anno 1921 furono ben 66 e in particolare nel mese di maggio furono 15, a riprova dei comportamenti locali. Sul lato delle indagini, nel clima torbido che si viveva, furono commessi errori e forzature: furono anche accusati e condannati degli innocenti, a cui va data almeno una riabilitazione storica”.

“A cento anni di distanza – scrive Maffei – pare assurdo parlare di questo, adesso che abbiamo modo di vivere in libero confronto, senza che ci si possa permettere di usare violenza per esercitare le nostre idee. Eppure non è possibile non avere in mente ancora quei momenti storici senza esprimere disprezzo, la costernazione e la preoccupazione, mai sopita, per tanta violenza messa in atto allora e in periodi più vicini a noi, ma nello stesso tempo anche riconoscenza, vicinanza e ammirazione, in coloro che – avendo subito questi ignobili comportamenti – hanno voluto dare un loro contributo per costruire una società democratica moderna. È per questo che bisogna denunciare anche oggi gli atti violenti, in parole ed opere, anche perchè ‘le prove di forza’ nascondono sempre una debolezza interiore di chi le esprime: non vanno mai sottovalutate, in ogni sede, pubblica e privata, proprio perchè segnano uno stato d’animo di rottura etica e umanistica, creando le condizioni di compiere atti vandalici di ogni tipo, calpestando il ricordo di vittime e il rispetto della memoria di chi ha sofferto”.

Ci sono ancora cattivi maestri – conclude – Tutto ciò è da condannare e da reprimere. Si deve ancora oggi aprire uno spazio nuovo per poter tornare a dare un contributo intellettuale attivo, culturale e civico, istituzionale e non, come risposta ad un disagio moderno che può aprire scenari che possono sempre rinascere”.