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“Uno dei giorni più tristi della nostra storia”: il ricordo della rappresaglia tedesca a Montefegatesi

17 luglio 2020 | 12:24
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Il rastrellamento è partito alle 4 del mattino del 14 luglio del 1944: furono fucilati 16 giovani partigiani

“Uno dei giorni più tristi della nostra storia”. Così i cittadini di Montefgatesi ricordano una data di 76 anni fa, il 14 luglio 1944, in cui molti cittadini furono vittima di una rappresaglia tedesca. La giornata è stata ricordata dall’istituto storico della resistenza di Lucca tramite un video-racconto di Carlo Giuntoli, con le riprese e il montaggio di Damiano Baccetti.

“Nel luglio del 1944 – il racconto dell’Isrec Lucca – l’esercito tedesco di stanza in Val di Lima è ben deciso ad applicare la dottrina Kesselring della ‘terra bruciata’ contro le popolazioni civili in zone che vedono una presenza partigiana. Ma, soprattutto, ha aperto una caccia spietata a Pippo e ai suoi uomini, anche a seguito della battaglia di Casabasciana. Così, alle 4 del mattino del 14 luglio – guidati da persone del luogo e quasi sicuramente grazie anche a delazioni – un reparto di soldati alpini tedeschi, indossando calzature felpate per non far sentire il proprio arrivo, circonda Montefegatesi per un rastrellamento. La scelta non è casuale: in paese ha sede il distaccamento di Albereta, guidato da Giovanni Fabbri, noto come ‘Barba’, che si è invaghito di una giovane donna italotedesca che ha sfollato qui con la sorella e con la madre. Vengono perquisite tutte le case e un centinaio di uomini vengono portati in piazza XX Settembre. Un interprete legge una lista di nomi in suo possesso, mentre alcuni partigiani vengono catturati e uccisi. Il primo è il ventiquattrenne Luciano Bertini, che i tedeschi scambiano proprio per Pippo. Gli altri due sono Silvano Fornaciari, ventuno anni da compiere, e Bruno Luti, appena diciottenne: vengono fucilati dopo un breve e sommario processo”.

“I tedeschi minacciano altre esecuzioni se non si presenterà ‘Barba’: il loro intento viene sventato dal barone Francesco di Sant’Elia che riesce a convincerli che il partigiano non è in paese. Per cui, alle 17 il reparto muove verso Ponte a Serraglio con gli uomini rastrellati. Una volta giunti a destinazione, il grosso del gruppo viene dirottato a Socciglia, dov’è un cantiere della Todt, e una ventina vengono imprigionati. Due giorni dopo sia gli uomini ai lavori forzati sia gli altri rimasti a Ponte a Serraglio vengono fatti sfilare probabilmente affinché uno o più delatori possano identificarli e denunciarli. Il 18 luglio viene dato il via alle esecuzioni. Otto partigiani – Davino Bartoli, di 29 anni; Giorgio Falsettini, di 20; Giovanni Frati, di 18 (membro del distaccamento di Focchia del Valanga e lì catturato insieme ad altri resistenti); Lio Olivieri, di 55; Pietro Pacini di 26; Gabriele e Igino Pierinelli, di 26 e 32 anni; e Giuseppe Raffo, di 23 – sono fucilati alla schiena alle 20 al cimitero di Ponte a Serraglio: sono assistiti dal parroco di Fornoli don Francesco Giampaoli che testimonierà la loro calma e serenità nel momento dell’esecuzione. Altri cinque partigiani – Leonello Agostini, 56 anni; Umberto Barsellotti, 45; Maurizio Bugelli, 29; Gianfranco Belligni, 20; Franco Giardini, 26 – vengono invece portati a Fegana, in località Pian di Vaglio, dove Agostini e Bugelli risiedono e proprio vicino alle loro case sono poi fucilati alle 20,30 di quel giorno. Nel loro caso, però, non viene comunicato niente ai parroci della zona che quindi potranno solamente benedire le salme”.