L’anno scorso i cartelli che denunciavano le chiese chiuse per inutilità. Quest’anno alcuni fedeli di Bagni di Lucca sono tornati alla carica ed hanno affisso ai portoni delle parrocchie alcune vignette. La denuncia è sempre verso la mancanza di parroci che non garantirebbero così le funzioni nelle varie frazioni del territorio. Una denuncia che è in senso lato diretta anche alla ‘politica’ della chiesa.
“Eccoci – scrive il gruppo di fedeli – siamo di nuovo qua, dopo un anno non è cambiato niente! I nostri timori non erano infondati, le nostre previsioni più nere si sono avverate. È passato più di un anno da quando abbiamo fatto la nostra prima “protesta”: i famosi cartelli messi alle porte delle Chiese che tanto clamore hanno sollevato. Ci è stato detto che eravamo dei cattivi cristiani, dei vigliacchi, che non avevamo compreso. Ma oggi, dopo oltre un anno, tutto quello che denunciavamo per paura che accadesse è accaduto. Nella famosa riunione con monsignor Castellani del 19 gennaio 2018 ci era stato chiesto di essere pazienti, che col tempo avremmo visto migliorare la situazione, ma non è così. Vorremmo essere chiari, non è solo una pura questione di modi e mode alle quali ci viene chiesto di adeguarci ma, quello che ci spaventa, è la sostanza di quello che viene fatto passare come “normale” e che normale non è”.
“A questo punto – prosegue la nota – noi non possiamo lasciar correre, non dobbiamo lasciar correre. Ce l’abbiamo messa tutta: ci siamo impegnati a capire, ad accettare i cambiamenti, abbiamo provato a parlarne, ma non abbiamo ottenuto niente. Le nostre Chiese sono sempre più vuote, i fedeli disorientati, le parrocchie lasciate a loro stesse. Se la scorsa volta la nostra protesta era verso il “sistema” che ci veniva fatto passare come un’innovazione positiva, adesso è mirata a chi è l’artefice di questa situazione. Pensate ad un fedele di un’altra diocesi che per un qualsiasi motivo si ritrovi a partecipare ad una delle celebrazioni che vengono fatte nelle nostre parrocchie: sentirebbe dire che andare in chiesa non serve a nulla, che bisogna uscire fuori tra la gente che l’importante è lo stare fuori. Poi, però, sentirebbe lamentare perché la gente non va in chiesa; vedrebbe che ai ragazzi non si fa fare praticamente nulla. Poi, però, sentirebbe lamentare che in parrocchia non si vedono; sentirebbe ribadire che le tradizioni sono sbagliate. Vedrebbe, però, che le innovazioni non hanno fondamento, quando addirittura non stravolgono le regole; assisterebbe alla difesa di chi ha commesso un reato, ma non sentirebbe mai ricordare chi il reato lo ha subito; sentirebbe dire, magari meravigliandosi, che la parrocchia dovrebbe adeguarsi ai bisogni dei fedeli, poi però, ad esempio, andando d’inverno alla messa la domenica sera si troverebbe ad attendere le 18 e non alle 17; sentirebbe anche parlare di ramadam, ma non di come fare ad essere più vicini al Signore; dovrebbe ogni domenica sentirsi rifilare un’omelia dove si parla di politica e non di Vangelo… E potremmo continuare con un elenco che riempirebbe pagine e pagine”.
“La situazione di settimana in settimana sta sempre più precipitando e noi, se si rimanesse a guardare, saremmo complici di tutto quello che sta accadendo – conclude la nota di protesta – Questa mattina al centro del paese gli abitanti hanno trovato dei volantini con delle vignette. Vogliamo ancora una volta portare la nostra situazione all’attenzione di tutti i concittadini, non solo della poca gente che gira per le chiese e del nuovo arcivescovo Monsignor Giulietti, sperando in una sua benevola comprensione di questo gesto “un po’ fuori dalle righe”. Ridentem dicere verum: quid vetat? (Dire la verità ridendo: cosa lo vieta?) diceva Ovidio o più facilmente Arlecchino dice la verità burlando, come si dice dalle nostre parti. Così noi strappando un sorriso a chi vedrà le vignette vogliamo far capire come sono ridotte le nostre parrocchie. Noi non vogliamo essere complici di questo sflacelo desideriamo far riflettere anche chi non opponendosi e quindi accondiscendendo a tutto questo se ne rende complice. I più, infatti, non comprendono con quale velocità ci stiamo avvicinando ad un punto di non ritorno. Triste a chi dovrà, in futuro, provare a far tornare a vivere le nostre comunità”.