Spirale, il caso finisce al ministero

24 ottobre 2018 | 11:14
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Un tavolo nazionale aperto al Ministero delle imprese e dello sviluppo economico, una lettera indirizzata al nuovo presidente della provincia autonoma di Trento ed un incontro con i vertici dell’azienda per farle cambiare idea: si muove su più fronti la battaglia politica per salvare i 42 lavoratori (39 dei quali con contratto a tempo indeterminato) dello stabilimento Nora Spirale di Monsagrati. All’unità di crisi lavoro, convocata stamani (24 ottobre) a palazzo Ducale, si cercano soluzioni rapide per una questione drammaticamente incombente, dal momento che dal prossimo 20 dicembre i dipendenti si troveranno senza impiego. 

Al tavolo ci sono il sindaco di Pescaglia Andrea Bonfanti, il consigliere regionale del Pd Stefano Baccelli, il consigliere del presidente della Regione per le questioni del lavoro, Gianfranco Simoncini, il presidente della provincia di Lucca Luca Menesini, le Rsu e le sigle sindacali che dall’inizio seguono la vicenda. I tempi stringono e la fibrillazione per i dipendenti rimasti aumenta. Da poco più di 15 giorni, infatti, l’azienda che anni fa ha acquistato lo stabilimento Rontani che produce stivali, ha annunciato la volontà di chiudere la sede per trasferire la produzione in provincia di Trento, a Cinte Tesino. Adducendo, nel corso della comunicazione ai sindacati e alle Rsu, problemi di mercato e di costi per affitto e mantenimento dello stabilimento. Per dieci dipendenti l’azienda prevede la possibilità di mantenere il posto, solo se si trasferiranno nel nuovo stabilimento in Trentino, che sarà gestito sulla base di un accordo con Trentino Sviluppo, reso possibile da fondi erogati dalla Provincia autonoma e che serviranno ad assumere 35 lavoratori.
Al tavolo di crisi convocato a palazzo Ducale, però, si parla senza mezzi termini di “delocalizzazione” e di “crisi aziendale mascherata”. Anche perché i numeri, secondo gli interlocutori, non mentono: l’azienda ha ordini già programmati per il 2019 e, solo nel mese di settembre, ha venduto 17mila paia di stivali da lavoro prodotti a Monsagrati, praticamente la metà del magazzino. “Siamo di fronte ad un duro colpo per tutta la nostra comunità – dichiara Bonfanti – un vero e proprio dramma sociale, con riverberi negativi importanti sull’indotto di un territorio intero. Questa è una vera e propria delocalizzazione – afferma ricostruendo la vicenda dall’inizio, con dovizia di particolari – e faremo di tutto per salvaguardare la sorte delle famiglie coinvolte”.
Inizialmente in dipendenti dello stabilimento di Monsagrati (aperto nel 1973, ndr) erano 70: l’ultima riduzione, di 12 unità, risale all’aprile 2017. Nel frattempo, dalla struttura sono state portate via tre macchine sulle cinque totali, con il pretesto della manutenzione. “In realtà – spiega una componente delle Rsu – è un teatrino per spostarle a Trento. Siamo tutti sconvolti: negli ultimi mesi abbiamo dato l’anima per l’azienda, lavorando anche 13 ore al giorno e svolgendo quattro mansioni diverse contemporaneamente. Sanno bene che non possiamo trasferirci là: personalmente, guadagno 700 euro al mese con i quali dovrei pagarmi un affitto, spostarmi e vivere. Inoltre, quasi tutti abbiamo famiglie e figli piccoli”.
Cosa fare, dunque? Le contromosse saranno molteplici. A cominciare dalla lettera congiunta che Menesini e Simoncini invieranno, oggi stesso, al nuovo presidente della provincia autonoma di Trento (da poco eletto) per metterlo a conoscenza della situazione. “Se serve – commenta Menesini – ci rivolgeremo anche ad un legale per sviscerare la questione sotto quel punto di vista. E’ evidente, però, che dobbiamo agire principalmente sotto il profilo politico”. Non a caso i sindacati presenti aderiscono immediatamente alla proposta lanciata da Simoncini: la convocazione di un tavolo urgente al Ministero delle infrastrutture e dello sviluppo economico, per conferire alla questione un eco di carattere nazionale. “E’ chiaro – commenta lo stesso Simoncini – che siamo davanti ad una strategia decisa da tempo, portata avanti attraverso una serie di sotterfugi. Entro due settimane – l’altra novità di giornata – incontreremo i vertici aziendali in Regione, chiedendogli con forza di cambiare direzione. Inoltre, a partire dalla lettera che invieremo oggi, apriremo un confronto con la provincia autonoma di Trento”.
Anche perché, come evidenzia Baccelli, “Non è pensabile che vengano utilizzati soldi pubblici per sottrarre lavoro ed occupazione sul nostro territorio. E’ di tutta evidenza che ci troviamo di fronte ad una crisi aziendale mascherata: l’obiettivo finale è quello di risparmiare 800 mila euro l’anno di costo dei 42 dipendenti e 250mila euro per l’affitto della struttura. La cosa più grave è che si tratta di una delocalizzazione in una provincia autonoma della Repubblica italiana: non avevamo mai assistito ad un caso del genere. Credo che della questione debba essere fatto un caso nazionale, avviando al più presto un confronto in sede di conferenza Stato – Regione – Province autonome, perché queste ultime hanno risorse in abbondanza che non possono essere utilizzate per questi fini”. “Non posso che essere soddisfatto dell’attenzione messa in campo dalla Regione – ha aggiunto Baccelli -, con l’intervento del presidente Rossi e del presidente della Provincia Menesini nei confronti della provincia di Trento, la richiesta di attivare un tavolo al Mise, l’impegno preso di portare in Conferenza Stato regioni la vicenda e la previsione di un nuovo incontro con l’azienda assieme a provincia e comune. Sono stati recepiti gli impegni che avevo sollecitato con una mozione, approvata con voto unanime dal Consiglio regionale. Ora però non dobbiamo arretrare di un millimetro e continuare a portare avanti una battaglia senza sconti per tutelare i lavoratori e una realtà produttiva cruciale per l’economia del nostro territorio”.

Paolo Lazzari