Spirale, il caso verso Roma: parlamentari si mobilitano



Di crisi aziendali, anche di dimensioni colossalmente più poderose, la provincia di Lucca e la Toscana ne hanno viste e continuano, purtroppo, ad osservarle. Non era mai accaduto invece quello che accade a Monsagrati, nel comune di Pescaglia: la Nora Spirale, che ha acquistato lo stabilimento della Rontani proponendo già nel 2017 una riduzione del personale e dell’orario di lavoro, ora comunica di voler chiudere l’azienda. Ma la crisi, secondo sindacati, lavoratori e istituzioni, non c’entra nulla. Tanto che fino a poche settimane fa gli operai erano impiegati in straordinari. Al ritorno dalle ferie per molti è arrivata la doccia fredda. L’azienda, grazie ad una operazione che in Trentino, a Cinte Tesino, ha come partner Trentino Sviluppo e come sponsor i fondi della provincia autonoma di Trento, assumerà 35 dipendenti a fronte di 42 licenziamenti in Lucchesia (39 contratti a tempo indeterminato, 3 a tempo determinato). Una vicenda come già detto paradossale che questa sera (19 ottobre) è stata al centro di un consiglio comunale aperto che si è svolto nel capannone della ditta Pardini di Monsagrati, che ha concesso la spazio dopo il no di Nora Spirale.
Dai parlamentari lucchesi c’è stato, forte, l’impegno a mobilitarsi coinvolgendo il ministro del lavoro, Luigi Di Maio. Il primo banco di prova dell’azione istituzionale contro Nora Spirale sarà il prossimo 24 ottobre quando si terrà a Lucca il tavolo regionale sulla ’vertenza’ aziendale, con la presenza di Gianfranco Simoncini, consigliere particolare di Enrico Rossi, delegato al lavoro.
A Monsagrati stasera i lavoratori di Nora Spirale sono arrivati in corteo, accolti dalle istituzioni e dal sindaco Andrea Bonfanti che ha ribadito: “La situazione è molto complicata, è necessario tenere i riflettori accesi e cercare che la vicenda arrivi in tavoli regionali e nazionali”. E stasera, giorno in cui per la seconda volta nella sua storia il consiglio comunale di Pescaglia si svolge fuori dal municipio (la prima fu dopo l’alluvione del 2014), è stata protagonista la voce dei dipendenti: “Questa è la nostra vita, chiediamo e vogliamo soltanto di lavorare”.
Al primo cittadino è toccato, una nuova volta dopo averlo fatto in varie occasioni negli ultimi giorni, ricordare gli aspetti paradossali della vicenda: “Di flop ne abbiamo visti tanti in questi anni, ma qui c’è il fatto che a Cinte Tesino la Spirale ha ottenuto un ampio finanziamento dalla provincia autonoma di Trento nel 2017 per assumere 35 lavoratori. Tra l’altro con una fetta cospicua di cofinanziamento da parte dell’azienda. Siamo di fronte quindi ad una delocalizzazione unica nel suo genere. Abbiamo ritenuto necessario garantire il nostro supporto ai lavoratori e fare più rumore possibile su questo caso. Vogliamo arrivare al nazionale, grazie all’interessamento di tutte le istituzioni che sono state presenti anche questa sera. Ho sentito il sindaco di Cinte Tesino, visto che l’azienda non si è resa disponibile ma l’amministratore delegato di Nora Spirale non risponde più nemmeno a lui”.
Porte sbattute, telefoni che non squillano, muri alzati all’improvviso. Purtroppo è questo il presente dei lavoratori della Nora Spirale
Silvia Rosignoli, storica dipendente dello stabilimento, ha raccontato il suo malcontento: “Sono entrata a far parte della Rontani a 20 anni e sono 29 anni che lavoro qui. Per noi la Rontani è una parte della nostra vita, ci siamo cresciuti. Ora ci vengono a dire che chiuderà: siamo persone, famiglie, non siamo numeri. Non vogliamo – ha detto – perdere il nostro posto di lavoro”.
Laura Ratti, Rsu di Spirale, è passata all’attacca: “Non più tardi di più di due settimane fa siamo stati invitati dalla società, pensando che ci avrebbero dato buoni pasto o benzina perché da maggio ad agosto i lavoratori avevano lavorato talmente tanto. E invece hanno iniziato a dirci che non piove e che lo stivale che facciamo non va, non ha mercato – ha detto -. In quel momento mi è crollato il mondo, sono trenta anni che lavoro in questa azienda: ci siamo sempre tirati su le maniche per il bene dell’azienda. E questo è stato il risultato. Le donne hanno tutte contratto part time, ad agosto è stato chiesto loro di lavorare 9 ore al giorno e nessuna si è tirata indietro. Ci siamo fatti calpestare la dignità in ogni modo. L’anno scorso sono state licenziate 12 persone ma siamo andati avanti. Alcuni nel 2018 alcuni sono stati richiamati. Ci hanno fatto fare gli straordinari in estate e al ritorno dalle ferie ci hanno detto che chiuderanno l’azienda. Vi chiedo – ha detto ai presenti – di continuare a lottare con noi. Noi vogliamo lavorare qui, in Lucchesia, in Toscana”.
Marco Galeotti Filctem Cgil ha preso la parola per sottolineare che “piacerebbe anche a me fare un’esame delle cause che hanno determinato questa situazione. Ma non è questo il momento. Ci siamo da subito rivolto alle istituzioni che stanno dimostrando di aver preso a cuore la situazione. La prossima settimana ci sarà un tavolo di crisi regionale e noi, tutti i lavoratori, saranno presenti. L’azienda non sa nemmeno quanti sono i lavoratori dipendenti, facendoci notare che le donne sono tutte part time e cinque sono impiegati. Sembra un circolo vizioso in cui per l’azienda c’è soltanto la quantità e il profitto. Noi ci siamo: siamo qui per lottare con i lavoratori. La società ci rappresenta che qui paga due, tre volte superiore rispetto all’affitto di Cinte Tesino. Ma a noi risulta che lo stabilimento sia di proprietà. Un gioco cinico e baro quello dell’azienda in Trentino, che nulla ha che vedere con la situazione dello stabilimento di Monsagrati. Adesso Trentino Sviluppo che acquista lo stabilimento a Cinte Tesino sa cosa si produce qua: il licenziamento di 42 lavoratori”.
I sindacati hanno fatto presente un altro problema, ovvero quello di trovare un ammortizzatore sociale e qualche strumento per reinserire i lavoratori qualora non vi fossero altre soluzioni.
E’ intervenuto poi anche Francesco Battistini, presidente del consiglio comunale di Lucca: “Abbiamo un comune sentire all’interno del consiglio comunale e fra i consigli comunali degli enti coinvolti – ha detto -: la solidarietà è importante ma noi vogliamo andare oltre. Pensiamo che serva una mobilitazione di tutti i territori interessati. Deve essere una battaglia di unità del territorio e dei lavoratori. Noi ci faremo megafono delle iniziative che saranno organizzate. Qualsiasi richiesta che arriverà la accoglieremo con disponibilità. Verremo anche davanti alle fabbriche e non per populismo ma per convinzione”.
Riccardo Brocchini, consigliere delegato del Comune di Massarosa, lancia un messaggio all’azienda: “Non è in gioco solo il posto di lavoro ma soprattutto la dignità delle persone che non ha prezzo”. Ha espresso solidarietà ai lavoratori anche il sindaco di Porcari, Leonardo Fornaciari: “La vostra battaglia non può essere interpretata come una battaglia localistica – ha detto -, questo è un problema che riguarda tutto il territorio. Tra l’altro ho scoperto che c’è anche un lavoratore residente a Porcari. Un vostro problema – ha ribadito – è anche un nostro problema”.
“Credo che questa sia una situazione molto delicata e importante – ha detto il senatore Pd Andrea Marcucci -. La mia presenza testimonia che, a prescindere dalla militanza politica, c’è un desiderio di mettersi a disposizione dei lavoratori, chiedendo la mobilitazione dei massimi organismi regionali e nazionali. Riteniamo giusto che anche le istituzioni prendano atto di una situazione incomprensibile e inaccettabile. Non si può pensare che ci siano territori che fanno concorrenza ad altri territori, a spese dei lavoratori. Siamo a disposizione per ogni iniziativa da assumere, compreso coinvolgere il ministro del lavoro”.
Gloria Vizzini, parlamentare M5S, si è rivolta ai lavoratori: “Questa azienda ha qui 42 lavoratori, che sono famiglie – ha sottolineato – e che magari hanno figli. Dire a queste persone di fare le valigie e andare in Trentino, significa dire loro di tagliare i legami con il territorio. L’azienda ci deve dire e ci deve spiegare. Ho fatto una interrogazione al ministro per invitarlo ad attivarsi per organizzare un tavolo tecnico sulla situazione”. Anche l’onorevole Umberto Buratti, del Pd, si è schierato dalla parte dei lavoratori: “Voglio portare anche la voce di Delrio con cui abbiamo condiviso l’intenzione di fare squadra tutti quanti assieme. Noi stasera dobbiamo prenderci un impegno per questo, per fare squadra a tutti i livelli. Chiederemo un’audizione in commissione lavoro”.
Il consigliere regionale del Pd, Stefano Baccelli, è stato lapidario: “Le cose ormai sono chiare. Questa crisi aziendale è veramente diversa da tutte – afferma -, e ancora più scandalosa della Bekaert di Figline. Questa delocalizzazione avviene all’interno della Repubblica italiana. Questa non è una crisi aziendale, perché a Spirale arrivano soldi pubblici dalla provincia autonoma. Queste risorse non possono essere utilizzate, indirettamente ma il nesso è chiaro, per produrre altrove dei licenziamento. Per questo con la mozione che abbiamo presentato in Regione chiedo di attivare il governo ma anche la commissione stato-Regioni. Questa è una operazione di speculazione economica e finanziaria, una crisi aziendale mascherata”.
Elisa Montemagni, consigliera regionale della Lega, informa che “l’onorevole Vignaioli sta lavorando per portare la vertenza a Roma – afferma -, e ha intenzione di coinvolgere tutte le forze politiche per fare squadra. Sono d’accordo che questa non sia una crisi aziendale”.
“La vicenda è a dir poco singolare – ha aggiunto il consigliere regionale di Forza Italia, Maurizio Marchetti -: la delocalizzazione con i soldi dello Stato è davvero una vergogna. Stasera non ci sono partiti, c’è una politica unica contro una situazione da combattere. E’ assolutamente necessario attivare il tavolo al governo, perché è quello che può fermare questa delocalizzazione”.
l consiglio comunale si è concluso con l’approvazione all’unanimità di una mozione che impegna sindaco, giunta e consiglio a sostenere e intraprendere, di concerto con gli enti ed istituzioni a vario titolo coinvolte, tutte le iniziative istituzionali al fine di scongiurare la chiusura dell’impianto produttivo e la perdita dei posti di lavoro, a rinnovare la solidarietà ai lavori in stato agitazione e a mantenere aperto il dialogo con tutti gli enti e le istituzioni interessate al fine di rafforzare le strategie occupazionali della zona.