




Il Wwf Alta Toscana ha curato la ricerca in collaborazione con due gruppi Facebook del territorio
Il Wwf Alta Toscana, in collaborazione con i gruppi Facebook Sei di Corfino se… e Identificazione anfibi e rettili ha curato una ricerca sull’erpetofauna del Parco dell’Orecchiella, a cui ha dato il suo contributo anche il giardino botanico Maria Ansaldi Pania di Corfino.
La collaborazione disinteressata dei diversi soggetti ha consentito, in tempi ragionevolmente brevi, di fornire un quadro esaustivo, perlomeno dal punto di vista qualitativo, dell’erpetofauna del parco dell’Orecchiella, la cui conoscenza era scarsa, frammentaria e datata. Se, infatti, erano note le specie di uccelli e di mammiferi che frequentano il Parco, poco o nulla si sapeva di anfibi e rettili.
I risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista Biologia ambientale.
Sono state rilevate 13 specie: sei di anfibi e sette di rettili. Sono 3 urodeli (Tritone alpestre Ichthyosaura alpestris, Salamandra pezzata Salamandra salamandra, Geotritone italiano Speleomantes italicus), 3 anuri (Rospo comune Bufo bufo, Rana appenninica Rana italica, Rana temporaria Rana temporaria), 3 sauri (Ramarro occidentale Lacerta bilineata, Lucertola muraiola Podarcis muralis, Orbettino italiano Anguis veronensis) e 4 serpenti, (Biacco Hierophis viridiflavus, Natrice dal collare occidentale Natrix helvetica, Saettone comune Zamenis longissimus, Vipera Vipera aspis). Altre due specie (Tritone crestato italiano Triturus carnifex, Colubro liscio Coronella austriaca), presenti in zone vicine, vivono probabilmente nel parco, ma non sono state ancora trovate.
La ricerca non costituisce solo un patrimonio di conoscenza del territorio ma anche un utile strumento per la sua gestione perché contiene dati spaziali, indispensabili nel caso di decisioni riguardanti infrastrutture e cambi di destinazione dell’uso del suolo.
“Proteggere una specie – dice il Wwf – implica proteggerne l’habitat, sia naturale, sia quello di origine antropica. Infatti, un numero crescente di studi attesta che, in ambiente appenninico, una componente fondamentale dei siti riproduttivi degli anfibi è costituita da habitat acquatici di origine antropica, generalmente connessi ad attività agro-silvo-pastorali tradizionali, rendendo dunque inscindibile la conservazione degli anfibi da appropriati piani di sviluppo rurale. Gli anfibi sono minacciati in tutto il mondo dal degrado del suolo, dall’inquinamento, dall’estrazione di acqua, dai cambiamenti climatici e dall’introduzione di specie aliene. Nella regione mediterranea l’agricoltura intensiva, l’eccessivo emungimento delle acque e le variazioni delle precipitazioni annuali stanno mettendo a repentaglio molti habitat di acqua dolce utilizzati dagli anfibi. In effetti, il continuo abbandono delle aree montane e interne da parte di agricoltori, pastori e silvicoltori ha ridotto la disponibilità di molti habitat gestiti dall’uomo, come piccoli bacini idrici, che sono stati storicamente costruiti per l’abbeveraggio del bestiame, l’irrigazione e il consumo umano. Negli ecosistemi temperati, molte specie di anfibi sono ben adattate e spesso beneficiano di habitat artificiali d’acqua dolce, che rappresentano habitat alternativi o sostitutivi di ruscelli naturali a flusso lento, stagni o pozzanghere. Sarebbe importante procedere ad una corretta gestione di questi manufatti (pozzi, abbeveratoi, lavatoi, vasche) ai fini della conservazione della batracofauna. La realizzazione di serbatoi d’acqua multifunzionali, infatti, sembra una strategia vantaggiosa per tutti, ove la conservazione della biodiversità e il mantenimento dei valori rurali e culturali non sono in contrasto, ma agiscono con un positivo effetto sinergico. Riconoscere che i sistemi agricoli tradizionali possono proteggere efficacemente sia il paesaggio culturale che la biodiversità locale implica che le pratiche tradizionali rurali dovrebbero essere prese in considerazione nella pianificazione delle strategie di conservazione negli ambienti appenninici”.
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