Apuane, gli ambientalisti non mollano: “Non ci fermeremo qui”

26 agosto 2021 | 09:46
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Apuane, gli ambientalisti non mollano: “Non ci fermeremo qui”

Polemiche per la sentenza del Consiglio di stato

La sentenza del Consiglio di Stato sulle cave scatena gli ambientalisti. Sul piede di guerra il movimento Apuane Libere: “Dopo la stomachevole pronuncia del Consiglio di Stato, che ha confermato la legittimità del Piano di Indirizzo Territoriale votato nel 2015 dall’allora consiglio regionale toscano, i volontari di Apuane Libere dichiarano di non volere minimamente mollare la presa, andando avanti nella propria opera di sensibilizzazione e denuncia ambientale e presentando al Parco delle Alpi Apuane la propria contrarietà alla riapertura di una cava chiusa da vent’anni”.

“Abbiamo smontato – spiegano dal tritone apuano – pezzo per pezzo la legittimità di questo nuovo vergognoso piano di coltivazione, che, non solo vorrebbe aggiungere ancor più devastazione e rumore nella Valle di Arnetola, ma che in dieci anni vorrebbe far circondare la ducale via Vandelli da ben tre impattanti siti in galleria. Vogliamo sperare che tutti gli enti preposti al rilascio della valutazione di impatto ambientale, pensino bene a quello che stanno per autorizzare: aprire un gigantesco foro per fare entrare enormi tagliatrici a catena diamantata sotto un manufatto storico tutelato dai beni culturali, sarebbe un vero e proprio delitto contro una delle eccellenze che caratterizzano il territorio e dimezzerebbe le già risibili presenze turistiche nella zona. Oggi che è di gran moda parlare di green economy e di cambiamenti climatici – fa sapere l’associazione – siamo ancora ad assoldare schiavi e a riaprire vecchie miniere, e per che cosa poi: per esportare migliaia di metri quadri di montagna per rivestire i bagni di lussuosi residence indonesiani? Oltre un affronto all’umana civiltà, dovrebbe essere proibito per legge”.

“In questi mesi – spiega il presidente di Apuane Libere, Gianluca Briccolani – stiamo raccogliendo i frutti marci dei Pabe, inseriti ad hoc nel pit da quella indecente lobby, trasversale a molti settori della politica partitica, della magistratura, dell’imprenditoria, del sindacalismo e persino dell’editoria, che stanno portando alla riapertura di più di venti feriti sui nostri amati monti”.