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Frana in Arni, comitato mette nel mirino le centrali idroelettriche

3 febbraio 2020 | 17:27
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Frana in Arni, comitato mette nel mirino le centrali idroelettriche

Liberiamo l’Italia: “In Valle del Serchio 90 chilometri di canali e gallerie per trasportare l’acqua”

“Un’intera comunità isolata, la strada di comunicazione tra la Garfagnana e la Versilia interrotta per chissà quanto tempo, studenti e lavoratori pendolari costretti a passare ore in macchina per raggiungere il luogo di studio e di lavoro. A tutto ciò si aggiungano i danni per le attività economiche della Val d’Arni, nonché quelli al trasporto merci (marmo e non solo). E’ questo il risultato del cedimento della galleria Enel che collega il bacino idroelettrico di Isola Santa con la centrale di Torrite, a Castelnuovo di Garfagnana”. Una analisi senza peli sulla lingua quella del comitato Liberiamo l’Italia di Lucca, che punta il dito sulla canalizzazioni per le dighe della Garfagnana: “Si è trattato di un altro episodio dell’Italia che frana?”.

“Poteva andare peggio – sostengono dal comitato -, visto che solo la fortuna ha impedito che agli enormi danni materiali si aggiungesse la perdita di vite umane. Di fronte a questo disastro forte è la sensazione di trovarsi davanti ad un’altra puntata dell’Italia che frana. Dopo i viadotti e le gallerie autostradali di Benetton e compagnia, è ora la volta delle opere idrauliche dell’Enel? Nel caso di Isola Santa non c’è ancora una verità ufficiale, ma si parla adesso del cedimento di uno sportello di ispezione della galleria. Un fatto che, se confermato, denuncerebbe uno stato d’incuria dell’impianto senza precedenti”.

“Quel che in genere i cittadini non sanno – si aggiunge – e che spesso gli amministratori sanno anche meno, è che nell’intera Valle del Serchio vi sono circa 90 chilometri di canali e gallerie che trasportano l’acqua alle centrali idroelettriche. Non tutti hanno lo stesso livello di pericolosità di quello che ha ceduto nella notte tra il 31 gennaio ed il 1 febbraio, ma si tratta comunque di opere abbastanza vecchie, costruite fondamentalmente tra il 1915 ed il 1950. Opere in alcuni casi assolutamente vetuste, come nel caso della diga di Villa Collemandina, che non a caso l’Enel è stata costretta a svuotare e che dovrà ricostruire interamente”.

“Adesso è certamente il momento di riparare al più presto i danni – va avanti il Comitato -. Ma sarebbe sbagliato non cogliere questa occasione per alcune riflessioni più generali. In primo luogo, ciò che è avvenuto sia almeno di monito per il futuro. La sicurezza non può essere solo materia per convegni rituali. Ben più importante, invece, il controllo pubblico su attività così impattanti come quella idroelettrica”.

“Tutta questa problematica ci rimanda infatti ad un problema più generale – prosegue la nota -: la necessità della gestione pubblica di un settore strategico (anche per la sicurezza, ma non solo) come quello dell’energia. Con la privatizzazione, l’Enel è diventata una Spa dedita principalmente al profitto. Quanto ha inciso, in termini di tagli, questa nuova situazione in atto ormai da un ventennio?”.

“Come movimento Liberiamo l’Italia, attualmente in fase costituente, non abbiamo dubbi – dicono -: il settore energetico deve essere nazionalizzato. E se L’Unione europea ci dirà che questo non è possibile, sarà solo una ragione in più per mandarla al diavolo. I dogmi europeisti che negli anni ’90 imposero la svendita delle aziende di stato devono essere rovesciati. Da allora, tutto ciò che è stato privatizzato – dall’energia alle telecomunicazioni, dalle autostrade ai trasporti – funziona peggio e costa più di prima. I cittadini lo sanno bene. Aggiungiamoci adesso la minor sicurezza ed il quadro è fatto”.