Cave: novità su concessioni, estrazione e lavorazione

31 luglio 2019 | 11:49
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Cave: novità su concessioni, estrazione e lavorazione

Importanti novità sul settore delle cave. Almeno il 50 per cento della filiera del marmo deve rimanere sul territorio, i blocchi di marmo da taglio saranno lavorati in loco. Questo l’obiettivo della proposta di legge approdata in consiglio regionale stamattina (31 luglio), che modifica la legge regionale 25 marzo 2015. Le nuove disposizioni in materia di concessioni, estrazioni e lavorazione delle cave passano a maggioranza. Il piano è stato infine adottato.

L’aula respinge gli atti collegati presentati dalle minoranze (ordini del giorni e emendamenti), mentre approva le modifiche proposte dal gruppo Pd. In particolare Sì-Toscana a sinistra proponeva, con un atto di indirizzo specifico, la “definizione univoca di lavorazione dei materiali ad uso ornamentale”. Forza Italia e Fratelli d’Italia puntavano alla definizione di cava dismessa, ossia quella per la quale non è vigente il titolo autorizzatorio né è pendente in istruttoria il procedimento per ottenere il titolo; così come alla specifica che il provvedimento di proroga non può comportare modifiche o varianti sostanziali al progetto definitivo, fatte salve le varianti senza alcun aumento volumetrico all’interno del perimetro autorizzato. Un altro emendamento chiedeva infine lo stralcio dell’articolo 19 della proposta di legge che prevede il passaggio del sito estrattivo al patrimonio indisponibile comunale qualora il proprietario privato non intenda esercitare l’attività di coltivazione né trasferire a terzi la facoltà. A detta dei consiglieri Maurizio Marchetti, Marco Stella (Forza Italia) e Paolo Marcheschi (Fratelli d’Italia), quanto previsto nella nuova legge è “pericolosissimo” in quanto obbliga il privato proprietario di più cave alla coltivazione contemporanea.
Passano, invece, gli emendamenti proposti dal Partito democratico in alcuni casi sottoscritti anche dai gruppi di minoranza. È il caso delle modifiche relative alla sospensione e decadenza del’autorizzazione (articolo 8 comma 2 della legge approvata). Come spiegato dal presidente della commissione Ambiente Stefano Baccelli (Pd), vengono inseriti, tra le cause, anche gravi e reiterate violazioni delle norme di legge o dei contratti di lavoro collettivi relative agli obblighi retributivi. “Abbiamo raccolto le richieste dei sindacati emerse nel lungo lavoro di analisi e confronto sul testo di legge”, spiega Baccelli. Tra le altre modifiche proposte e passate, anche quella sottoscritta dall’assessore Vincenzo Ceccarelli che proroga il termine per l’approvazione dei Piani attuativi dei bacini estrattivi (Pabe) della alpi Apuane al 31 dicembre prossimo, “previo accordo con il Mise”.
A illustrare il provvedimento all’aula è stato il presidente della commissione sviluppo economico e rurale Gianni Anselmi (Pd), il quale ha ricordato che le modifiche si sono rese necessarie in seguito all’intervento della corte costituzione che ne ha dichiarato l’illegittimità, per la parte in cui qualifica la natura giuridica di beni estimati. La Corte ha infatti stabilito che la loro disciplina è di competenza statale. “Con un lungo lavoro – ha spiegato Anselmi – abbiamo cercato di porre rimedio alla questione, perché questi beni, spesso contigui o inseriti in siti estrattivi, necessitano di un approccio unitario, e dunque abbiamo messo in campo alcuni strumenti di governo. Ma siamo andati oltre, con un confronto serrato con gli addetti ai lavori, in modo da affrontare e rivedere tutta una serie di temi della vecchia normativa regionale”. “Con il piano cave che ci apprestiamo ad adottare, possiamo dire di aver fatto un ottimo lavoro e riconoscere all’assessore Ceccarelli di aver attivato meccanismi aggiuntivi di confronto assiduo sul territorio. Un confronto che abbiamo cercato di riprodurre nel lavoro delle commissioni congiunte”, ha detto invece il presidente della commissione Ambiente, Stefano Baccelli (Pd) illustrando il piano regionale cave, che insieme alla legge approvata questa mattina, definisce la pianificazione del settore. “Si tratta di uno strumento davvero nuovo – spiega ancora Baccelli –, che ha l’ambizione di fare un salto di qualità e con il quale si vuole garantire una visione d’insieme e dare regole per quanto possibile univoche. Con due obiettivi prioritari, “la tutela dell’ambiente e dare eguali opportunità alle imprese del settore”.
Tra le novità del nuovo provvedimento spicca quella che l’impegno alla lavorazione di almeno il 50 per cento del materiale da taglio nel sistema produttivo locale. Sulla durata delle autorizzazioni per le concessioni si provvede a individuare nell’ente competente al rilascio dell’autorizzazione, ovvero il Comune, il soggetto deputato all’eventuale proroga, che passa da due a tre anni. “Sulle varianti all’autorizzazione – ha spiegato ancora Anselmi -, si specificano i casi nei quali si procede con nuove nel caso in cui venga modificato l’assetto definitivo del sito, si introduce l’estensione superiore all’1,5 per cento della superficie del sito estrattivo e si toglie il riferimento alle aree vincolate”. Introdotto, inoltre, un sistema di governance delle cave misto per quei siti in cui sono presenti soggetti pubblici e privati. Se la maggior parte è in mano al privato è possibile procedere all’affidamento diretto; se la maggior parte è pubblica si prevedono consorzi obbligatori tra le imprese. E si prevede, infine, l’acquisizione da parte del Comune in caso di inerzia dei privati, previo indennizzo. Sono state anche introdotte premialità per “l’impegno allo sviluppo di un progetto di interesse generale per il territorio, che attraverso nuovi investimenti sia in grado di generare un impatto positivo sull’occupazione, sull’ambiente e sulle infrastrutture”. Infine, è prevista la costituzione di un nucleo tecnico di valutazione, formato da tecnici regionali ed esperti esterni, per fornire un parere preventivo e non vincolante ai Comuni, e nasce il Comitato di distretto Apuo-versiliese con l’obiettivo di promuovere l’attività, la ricerca e la valorizzazione del materiale lapideo estratto.
Secondo Giacomo Giannarelli (M5S) “la proposta di legge fa indubbiamente passi avanti e apporta migliorie rispetto al passato”. “Il problema – ha sottolineato – è che partiamo da una situazione estremamente arretrata, perché porta norme in una giungla, ma occorre una riflessione maggiore sulla definizione del lavorato, in particolare perché i cittadini sono molto positivi sul riuso di qualità”. Sul cosiddetto ‘informe’, “servono maggiori chiarimenti”. Quindi, il consigliere regionale giudica positivamente che “si cerchi di mettere chiarezza in un mondo che è una giungla, anche a tutela delle imprese” e insiste sulla necessità di garantire la qualità del materiale estratto, impedendo che le multinazionali “taglino le montagne per farne carbonato di calcio”. “È vero che così si creano posti di lavoro, ma dobbiamo guardare anche alla qualità dell’attività svolta e a valorizzare la qualità del materiale estratto – ha detto ancora Giannarelli –. Su questo è necessario fare una seria riflessione”. Giannarelli ha quindi dichiarato il voto di astensione del Movimento 5 Stelle su questo provvedimento.
Elisa Montemagni (Lega) ha criticato il fatto che, davanti a numerosi emendamenti portati dal suo gruppo in commissione, la maggioranza non abbia dimostrato alcuna apertura. “Erano emendamenti che tendevano a migliorare la legge – ha spiegato – perché secondo noi il testo così com’è rischia di essere nuovamente impugnato. Non è infatti possibile obbligare i privati a creare un consorzio; noi proponevamo in alternativa un sistema di incentivi per favorire una scelta in questo senso da parte loro”. Per questo la consigliera ha annunciato il voto contrario della Lega alla proposta di legge.
“Siamo contrari al paradigma di fondo della legge: l’attività di coltivazione andrebbe fortemente ridotta e pesante dovrebbe essere il contingentamento del materiale estratto, mettendo al centro la conservazione dell’ambiente”. Così ha esordito Tommaso Fattori (Sì-Toscana a sinistra) che anche sul fronte occupazione ha le idee chiare: “Il sistema cave, ormai, impiega pochi operatori mentre è altissimo il tasso di infortuni spesso mortali”. Sul disegno di legge il capogruppo ha sollevato diverse obiezioni: “Prende atto della sconfitta di aver trattato in maniera avventuristica il tema dei beni estimati; con la nuova definizione di giacimento si premette un tipo di lavorazione non idonea”. In chiusura di intervento Fattori ha riconosciuto un merito alle nuove disposizioni: “Si fanno passi avanti”, ha dichiarato riferendosi in particolare alla lavorazione in loco del 50 per cento del materiale da taglio.
“Dovremmo avere il coraggio di adottare scelte drastiche, tendere alla progressiva e poi definitiva chiusura delle cave”. Non ha usato mezze misure Monica Pecori (gruppo Misto/Tpt). Nel ricordare l’Overshoot day e il conseguente esaurimento delle risorse rinnovabili che la terra è in grado di produrre in anno, ha parlato di “Alpi Apuane non infinite, ne perdiamo 5mila tonnellate l’anno, ed è solo il dichiarato. Tra poco le definiremo pianura”. “Ogni tonnellata di marmo buono – ha continuato – produce 3 tonnellate di detriti non destinati all’arte. Abbiamo 785 cave in meno di 30 chilometri, a Carrara si contano 7 cave ogni chilometro quadrato”. Nel parlare di “inquinamento acustico e atmosferico”, Pecori ha anche rilevato quanto il sistema sia squilibrato, “Produce ricchezza per pochi”, e sul fronte occupazione: “In 10 anni si sono registrato 158 incidenti. È tra i lavori più usuranti”.
“La legge rappresenta un passaggio importante, risultato di un giusto approccio. L’atteggiamento senza pregiudizio che emerge, misura la capacità di governo messa in campo”. Il presidente della commissione Affari istituzionali, Giacomo Bugliani, ha ricordato i “molti tavoli di confronto attivati” per “arrivare a soluzioni che tengono conto dell’economia del marmo, senza tradire i principi di sicurezza sul lavoro. È un grande passo”. Il Consiglio, a detta del consigliere, ha varato una legge “definitiva e chiara, che allontana un regime di conflittualità sul tema marmo e apre ad una nuova stagione di governo del territorio”.
Il presidente della commissione Ambiente Stefano Baccelli (Pd) ha “respinto al mittente” le accuse mosse dalla capogruppo della Lega Montemagni di una maggioranza “non aperta alle proposte di emendamento presentate dalle opposizioni”. “Siamo stati così in ascolto – ha chiarito – che abbiamo sentito il parere dell’ufficio giuridico che, però, si è espresso negativamente”.
“Il lavoro fatto è importante, ancora di più se si considera l’argomento storicamente complesso”, ha detto Paolo Bambagioni (Pd). “La materia non è semplice ma il Consiglio ha saputo fare un atto di governo non scontato e con l’aiuto di tutti i soggetti interessati”. La legge, a detta del consigliere, tiene dentro un “progetto ambizioso: stimola gli operatori a non ‘saccheggiare’ la risorsa”. E rispondendo alla consigliera Pecori ha concluso: “In un mondo ideale chiudere le cave sarebbe possibile, ma non viviamo nel paradiso terrestre, serve il giusto equilibrio”.
In chiusura di dibattito l’assessore Vincenzo Ceccarelli, la legge sancisce il “processo di costruzione di regole precise e non vessatorie per l’escavazione sostenibile e la salvaguardia ambientale. Trattandosi di materia non riproducibile, occorre un uso migliore”. E sulla legge ha ribadito: “è frutto di un lungo confronto e di una grande concertazione. Calibra meglio le possibilità di lavoro spingendo sulla sicurezza e rende più civile l’utilizzo del materiale”. Il combinato disposto legge/Piano “segna una bella pagina politica” ha concluso.
“Questo piano cave è un ottimo punto di partenza, ma un pessimo punto di arrivo. Per questo motivo voteremo contro”, spiega il consigliere del Movimento 5 stelle Giacomo Giannarelli, che pure riconosce “l’ottimo lavoro svolto, sia nel metodo che nel merito”. “Fornisce un buon quadro conoscitivo, ma manca l’aspetto della pianificazione. Noi abbiamo proposto durante la discussione in commissione un emendamento con il quale chiedevamo che la pianificazione prevedesse tre step: breve, medio e lungo termine, e si potesse introdurre una soglia minima incrementale dell’1 per cento all’anno in modo da raggiungere nel 2050 l’obiettivo molto ambizioso del 50 per cento nel rapporto blocchi/scaglie. Purtroppo, non è stato accolto”. Giannarelli rileva anche che “questo Piano dimostra che la regione, quando vuole, è capace di esprimere anche buona amministrazione. È stato fatto un lavoro importante di ascolto, con l’aiuto delle opposizioni, un tavolo di concertazione lungo, un confronto fino all’ultimo”.
Quelli approvati oggi sulle cave, la legge e il piano, “sono due atti intimamente collegati dal punto di vista politico, in un comparto che non si limita al distretto apuo-versiliese”, spiega il capogruppo del Partito democratico, Leonardo Marras. “Legge e Piano hanno tempi e programmi” e sono frutto di un “grande lavoro concertativo di partecipazione e di confronto, di dialettica”, che ha permesso di raggiungere un “risultato politicamente importante”. La Regione oggi, osserva Marras, “invia al territorio una pianificazione definita, che prende spunto da un principio: si pone obiettivi di sostenibilità, ambientale, sociale ed economica, sta nel solco della capacità di misurare il prelievo di materiale, non solo nel tempo e nelle quantità, ma nella effettiva necessità. La sostenibilità è il cuore del Piano”. E per il futuro, aggiunge Marras, saprà “rivedere la programmazione con un monitoraggio sistematico nel tempo”.
“C’è un disallineamento tra gli obbiettivi che il Piano si dà e il Piano stesso”. Lo afferma Tommaso Fattori (Sì-Toscana sinistra), osservando che “per raggiungere gli obbiettivi di approvvigionamento sostenibile, tutela ambientale e paesaggistica, sociale ed economica sarebbe stato necessario che la pianificazione prevedesse nel ventennio un progressivo ridimensionamento del contingente estraibile, finalizzato al rafforzamento della filiera locale, quindi ad alto valore aggiunto”. Al posto di una scelta coraggiosa e al superamento di un modello determinato dal mercato mondiale, Fattori rileva che si registra un incremento dell’attività di escavazione e la possibilità di aprire nuove cave. A questo si aggiungono vere e proprie minacce, quali l’estrazione della dolomia nel parco delle Apuane, nessuna prescrizione per le escavazioni oltre i milleduecento metri e neppure sulla salvaguardia della fauna. “Il Piano è pensato per incrementare un settore produttivo che non dà più l’occupazione del passato e produce disastri ambientali. Un settore che accumula enormi ricchezza nelle mani di pochissimi usando un bene comune. Occorre voltare pagina” ha concluso.
“È un piano ambizioso, si punta a regolamentare il settore per venti anni, che nell’ultimo decennio si è fortemente ridimensionato. L’escavazione per materiale da costruzione è passata da 7a 2,7 milioni, quella per materiali industriali da 3 a 1,5milioni, mentre regge l’ornamentale da taglio. È giusto ipotizzare una crescita del 3 per cento annuo?”, si domanda Elisa Montemagni (Lega). A detta della capogruppo, ci sono aspetti di criticità relativi a produzione sostenibile, sicurezza, filiera corta e sul problema della marmettola. “Siamo arrivati lunghi in Aula su un tema così importante, ma le valutazioni su alcuni aspetti dovevano essere fatte in commissione. Diventa difficile votare questo piano”, osserva.
“È un passaggio di legislatura. Sono tre anni e mezzo di duro lavoro. C’è stato un processo partecipativo, che ha prodotto trecento proposte. Diamo finalmente certezze a imprese, lavoratori, amministratori locali” sintetizza l’assessore Vincenzo Ceccarelli, sottolineando che la durata ventennale del piano nasce dalla necessità di fare i conti con quanto è stato già autorizzato. “Siamo nella fase di adozione – ha osservato – Possiamo intervenire successivamente sulle situazioni di criticità”. Secondo Ceccarelli la sostenibilità si declina sotto tre profili: ambientale e paesaggistico, che “comprende anche il sottosuolo”; economico, che “deve considerare le necessità di chi investe”; sociale “sul quale c’è da lavorare molto” per avere “maggiori ricadute sul piano occupazionale”. A suo parere l’economia circolare, di cui tanto si parla, trova nel Piano precise indicazioni, che dovranno essere rispettate. “Quello che andiamo ad adottare e poi ad approvare non è qualcosa che ingessa tutto per venti anni. Come in tutti gli atti di pianificazione, abbiamo lo strumento del monitoraggio, il primo dei quali è previsto tra tre anni”, conclude l’assessore.
Soddisfatta la Cgil: “Conciliare e regolamentare con dei punti fermi, in maniera organica, le problematiche ambientali, sociali e produttive dei distretti estrattivi, con ambiti di intervento per la promozione della filiera produttiva locale e quindi per la creazione di nuovi posti di lavoro, per interventi incentivanti la sostenibilità delle attività di estrazione con un giusto rapporto blocchi/derivati anche attraverso il riuso delle materie seconde e degli scarti secondo il principio dell’economia circolare; fissare una percentuale di materiale estratto a fronte dell’escavato, in modo da tutelare il bene paesaggistico ed ambientale prevedendo fin dal momento dell’autorizzazione come dovrà essere riconsegnato il sito al momento della cessazione della attività estrattiva restituendolo, bonificato, alla fruizione della collettività, era quanto come Cgil ci aspettavamo dalla nuova legge regionale sulle cave. Oggi, ad approvazione avvenuta, non abbiamo remore ad esprimere la nostra soddisfazione”.
“Molto soddisfatti siamo anche – prosegue la nota – per il fatto che tutti i gruppi consiliari sia di maggioranza, sia di opposizione, hanno recepito prima e approvato poi all’unanimità i contenuti degli emendamenti presentati proprio da Cgil Toscana in merito alla tutela del posto di lavoro (premialità per clausola sociale) e della regolarità retributiva a favore dei lavoratori del settore in caso di interruzione dell’attività estrattiva o di filiera a causa di inadempienze, cessazione dell’attività da parte dei datori di lavoro o per altre cause. Era necessario ed urgente regolamentare un settore dove, di fatto, si è consentito l’utilizzo intensivo di un patrimonio naturale, pubblico, non riproducibile, a beneficio degli ingenti ricavi di pochi con benefici minimali, in termini di redistribuzione delle ricchezze prodotte, per le comunità circostanti e con conseguenze negative sotto i profili del dissesto idrogeologico, paesaggistico e della sicurezza dei lavoratori del settore, in particolare nel distretto Apuano versiliese”.