Slow food, 2 osterie garfagnine tra migliori d’Italia

5 ottobre 2018 | 11:00
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Slow food, 2 osterie garfagnine tra migliori d’Italia

Sono 144 su 1617 i locali toscani segnalati nella guida alle Osterie d’Italia 2019 appena pubblicata per i tipi di Slow Food editore. Tra questi 27 chiocciole (i locali particolarmente in sintonia con la filosofia Slow Food), 19 formaggi, 37 bottiglie e, novità di quest’anno, 9 esercizi segnalati per la particolare attenzione all’olio extravergine d’oliva, sia in cucina che in sala. E la rappresentanza garfagnina non manca. Ottimo il riconoscimento ricevuto per il Vecchio mulino di Castelnuovo di Garfagnana, che si aggiudica un formaggio e una bottiglia. Un formaggio anche per l’offerta del Pozzo, di Pieve Fosciana.

In provincia di Lucca, poi, tris per il Mecenate, che si vede attribuire una chiocciola, una bottiglia e la segnalazione per l’olio extravergine. Rconoscimenti Slow Food anche per i Diavoletti di Camigliano (una chiocciola e una bottiglia) e pe il Buatino di Borgo Giannotti (una chiocciola). Giunto alla 29esima edizione, il sussidiario del mangiarbere all’italiana è il solo a raccontare un lavoro troppo spesso sottovalutato, quello delle cuoche e degli osti italiani con la diversità, l’originalità e la capacità di interpretare la cucina secondo la loro personalità: “Le osterie italiane sono sempre di più sulla bocca di tutti, perché gli osti sono diventati nuovamente il fulcro del discorso gastronomico italiano degli ultimi tempi. E proprio per questo una definizione, per quanto dai confini morbidi, ci vuole. Per questo abbiamo pensato a un decalogo, dieci idee sulle quali ci confronteremo a partire da oggi per trovare parole comuni che ci permettano di sintetizzare le 1617 storie della guida e raccontare al meglio a chi la legge cos’è un’osteria secondo Slow Food”, sottolineano i due curatori Marco Bolasco ed Eugenio Signoroni. “Secondo noi l’osteria è accogliente e conviviale, ha un buon rapporto qualità/prezzo, conosce a fondo la materia prima che usa, lavora prodotti di prossimità, sa proporre il vino, anche se è solo quello della casa, non ha il menù degustazione, non scimmiotta il ristorante importante, è moderna ma non rinnega il passato, non insegue le mode, anzi spesso le anticipa e, last but not least, ha un bravo oste (o anche più di uno)”, continuano i curatori. Anche la bottiglia è stata ripensata in questa edizione: “Questo simbolo è stato utilizzato per la prima volta negli anni ’90, quando il mondo del vino era diverso, adesso che è nata la guida Slow Wine ci siamo fatti aiutare dai curatori – Giancarlo Gariglio e Fabio Giavedoni e tutta la redazione – per ridefinire le caratteristiche che deve avere il riconoscimento dato alla qualità della carta dei vini”, sottolinea Signoroni. Tra i principi che hanno guidato l’attribuzione, l’abbinamento con i vini del proprio territorio; la personalizzazione della carta dei vini secondo il proprio gusto e un lavoro di ricerca personale; meglio poche referenze ben scelte piuttosto che centinaia poco curate e banali; il rapporto qualità prezzo che si deve ritrovare anche per le etichette e così come l’attenzione all’ambiente. Tra i temi che emergono da una lettura trasversale della guida c’è il protagonismo della montagna, luogo più difficile e scomodo ma amato soprattutto dai giovani osti che qui possono trovare prodotti e artigiani veri, territori incontaminati da cui rifornire le proprie dispense o coltivare direttamente le proprie materie prime. Sono luoghi ricchissimi di storie, tradizioni, prodotti, erbe spesso poco note e che trovano nell’osteria, nella sua cucina e nel suo pubblico un naturale punto di approdo. E poi ci sono proprio loro, i giovani che si mettono alla guida dell’osteria di famiglia o che, magari senza avere alle spalle storie di ristorazione, ci mettono studio e passione. Spesso sono osterie che guardano alla tradizione e al proprio territorio con occhi nuovi, che riescono a usare un obiettivo inedito per fotografare il luogo in cui sono e rileggerlo attraverso piatti che saranno la tradizione tra 100 anni. Infine, sono sempre più numerosi i locali, al sud come al nord, che propongono i prodotti del mare, con l’accortezza di scegliere la piccola pesca tradizionale e le specie di pesce meno note.