Tar annulla interdittiva antimafia per Raffaelli

26 giugno 2018 | 12:40
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Tar annulla interdittiva antimafia per Raffaelli

Annullata dai giudici amministrativi l’interdittiva antimafia emessa nel 2016 dal prefetto di Lucca nei confronti della società che gestisce l’agriturismo Borgo Biaia, a Camporgiano, utilizzato negli ultimi anni per ospitare richiedenti asilo e migranti. Il Tar di Firenze ha accolto il ricorso del numero uno della società, Pietro Raffaelli, e ha disposto l’annullamento di tutti gli atti impugnati.

L’imprenditore ed ex presidente del Viareggio Calcio (che adesso starebbe valutando l’ipotesi di chiedere un risarcimento) era stato condannato in via definitiva a sette mesi di reclusione e aveva affittato un ramo d’azienda a persone ritenute vicine o appartenenti alla criminalità organizzata ma non sono stati provati per i giudici del Tar elementi sintomatici di un condizionamento mafioso dell’attività imprenditoriale. “Sotto questo profilo – spiega il tribunale amministrativo – non può essere escluso che l’affitto d’azienda di cui si tratta corrisponda ad un’operazione commerciale del tutto ordinaria poiché, oltre a tale dato, in atti non si rileva alcun altro elemento in grado di dimostrare che sia più probabile che non il condizionamento malavitoso sull’operazione e, più in generale, sull’azienda stessa”.
Con sentenza del 2006 il gup del Tribunale di Bari applicò a Pietro Raffaelli la pena di mesi sette di reclusione in ordine al reato continuato di favoreggiamento reale e personale, cosi riqualificando i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso e di riciclaggio. Proprio partendo dalla derubricazione dei reati per i quali è stato condannato l’imprenditore i giudici amministrativi hanno annullato l’interdittiva antimafia per una delle sue società. Scrive infatti il Tar: “A prescindere, si ripete, dalla qualificazione dei reati ascritti a Raffaelli e dai rapporti di quest’ultimo con i propri familiari, è decisiva la circostanza che in nessun punto del provvedimento gravato si manifestano elementi sintomatici di un condizionamento mafioso dell’attività imprenditoriale svolta dall’odierno ricorrente. Tale conclusione viene dedotta unicamente dall’acquisto della disponibilità dell’azienda agricola e della società ma trattasi di operazione che, in assenza di ulteriori elementi sintomatici di un condizionamento sull’attività imprenditoriale del ricorrente, appaiono insufficienti a fondare un’interdizione antimafia. Essa sotto questo profilo si palesa come un’ordinaria operazione imprenditoriale che non può essere inibita sulla base di un mero sospetto. Non emergono ulteriori elementi atti a supportare l’atto gravato nemmeno”.
Per questi motivi il Tar ha accolto nella sentenza di merito di lunedì scorso (25 giugno) il ricorso di Pietro Raffaelli e per l’effetto ha annullato i provvedimenti impugnati emessi dalla prefettura lucchese.

Vincenzo Brunelli