Diabete, medico garfagnino scopre geni malfunzionanti

2 dicembre 2017 | 17:36
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Diabete, medico garfagnino scopre geni malfunzionanti
Diabete, medico garfagnino scopre geni malfunzionanti
Diabete, medico garfagnino scopre geni malfunzionanti

È garfagnino il professore che ha coordinato lo studio scientifico che ha portato all’identificazione di un nuovo gruppo di geni malfunzionanti all’interno delle isole pancreatiche di pazienti affetti da diabete di tipo 2, pari a più di mezzo miliardo di persone in tutto il mondo. Si chiama Piero Marchetti, originario di Castelnuovo di Garfagnana, ed è ordinario di endocrinologia e malattie del metabolismo al dipartimento di medicina clinica e sperimentale dell’università di Pisa.

La patologia di cui si è occupato, insieme al professor Michele Solimena (Technische Universität di Dresda), alla dottoressa Anke Schulte (di Sanofi, Francoforte) e al dottor Mark Ibberson (Swiss Institute of Bioinformatics, Losanna) insorge quando le beta cellule pancreatiche non riescono a produrre abbastanza insulina per mantenere normali i livelli di glucosio nel sangue. Gli autori dello studio sono sono membri dell’Imidia, consorzio di ricerca che si è costituito nell’ambito della progettualità europea per la medicina innovativa, e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Diabetologia
“Questi risultati – dichiara il professor Marchetti – contribuiscono alla comprensione di ciò che non funziona nelle isole pancreatiche nel diabete di tipo 2, per individuare nuovi metodi per meglio prevenire e curare questa forma di diabete. Lo studio, inoltre, stabilisce nuovi standard di riferimento per le ricerche che da ora in avanti saranno condotti in questo campo”. L’obiettivo del gruppo Imidia, di cui hanno fatto parte 14 istituzioni accademiche europee, aziende farmaceutiche e imprese biotecnologiche, era quello di trovare nuove strade per la rigenerazione, la conservazione e la protezione delle beta cellule pancreatiche, che producono insulina, per poter sviluppare strategie sempre più efficaci per la prevenzione e la cura del diabete. Uno dei compiti principali del consorzio era capire quali geni vengono espressi in modo anomalo nelle beta cellule delle isole di soggetti diabetici, rispetto alle beta cellule di soggetti non diabetici. Proprio l’espressione alterata di uno o più geni, infatti, potrebbe contribuire allo sviluppo del diabete di tipo 2. I ricercatori hanno condotto il loro studio comparativo basandosi non solo sulle isole ottenute da soggetti donatori di organo, ma anche su quelle provenienti da pazienti sottoposti a chirurgia pancreatica. Grazie a questo approccio, è stato possibile raccogliere cellule da molti soggetti diabetici e non diabetici (la casistica più ampia disponibile a livello internazionale) e anche studiare isole di soggetti prediabetici. Gli studiosi hanno così identificato 19 geni, la cui espressione era alterata nelle cellule provenienti da soggetti con diabete di tipo 2, in comune nei donatori d’organo e nei pazienti sottoposti a resezione pancreatica. In particolare, 9 dei geni identificati erano precedentemente sconosciuti da questo punto di vista. D’altra parte, non è stato ancora possibile dimostrare se un simile malfunzionamento sia presente anche nelle isole di pazienti prediabetici, motivo per cui nuove ricerche sono necessarie per capire quali alterazioni delle beta cellule siano presenti nelle fasi che precedono la diagnosi di diabete. Questo, tra l’altro, è quanto si propone di fare il nuovo consorzio Eu-Imi chiamato Rhapsody, che include tra i partner coinvolti i quattro gruppi alla guida del presente studio Imidia.