


Domani (8 ottobre), alle 15, a Gallicano nel giardino dei vecchi pozzi, verrà inaugurata la panchina rossa in ricordo di Vanessa Simonini. Un’iniziativa promossa dal Comune “per ricordare una giovane ragazza che deve rimanere nel cuore di tutti, per difendere i diritti delle donne e ribadire con fermezza l’atrocità del femminicidio”.
La madre di Vanessa, Maria Grazia Forli, sarà presente all’iniziativa e porterà la propria testimonianza, così come ha fatto in questi anni, in tante occasioni.
Da quella terribile notte del 7 dicembre 2009, quando Simone Baroncini uccise sua figlia, Maria Grazia si è impegnata in iniziative contro la violenza sulle donne e in una battaglia per la certezza della pena. “Non chiedo pene più severe – precisa – ma pene giuste. Le leggi in materia ci sono, vanno però riviste nella parte in cui prevedono sconti di pena per coloro che scelgono il rito abbreviato. L’assassino di Vanessa, ad esempio, in primo grado era stato condannato all’ergastolo. Però, dato che aveva optato per il rito abbreviato, ha goduto di uno sconto di pena pari a un terzo della condanna. Lo stesso sconto di cui ha usufruito in appello”.
Baroncini, alla fine, sta scontando sedici anni di carcere e questo per Maria Grazia Forli non è accettabile: “La possibilità di avvalersi del rito abbreviato, non deve essere prevista nei casi di femminicidio od omicidio intenzionale – spiega – La certezza della pena è fondamentale. Sapere che nel caso in cui si commetta un reato del genere, la pena sarà quella, senza riduzioni, potrebbe funzionare da deterrente”.”Naturalmente – specifica – oltre a questo deve essere fatto un lavoro culturale, è necessario parlare di questi temi nelle scuole. Per questo sono andata in tanti istituti a portare la mia testimonianza”.
Secondo lei, le donne del nostro territorio hanno più difficoltà a denunciare le violenze subite, rispetto a quelle che abitano in centri più grandi?
“Penso di sì. Qui da noi c’è un punto di ascolto nato dopo quello che è successo a Vanessa, dedicato a lei. Però c’è un po’ di paura a denunciare, perché in queste zone, bene o male, ci si conosce tutti e c’è il timore che possa spargersi la voce, anche se il centro d’ascolto garantisce la segretezza”.
Lei ha scritto un libro, Meraviglioso amore, dove racconta la storia di Vanessa. Che cosa ha voluto restituire di sua figlia?
“Intanto ho voluto far capire chi era. L’ho voluta far rivivere, e penso di esserci riuscita. È una storia anche molto allegra, perché Vanessa lo era.
Chi non l’ha conosciuta, con questo libro ha imparato a conoscerla, perché ho raccontato tante piccole cose della sua infanzia, per esempio”.
C’è anche un messaggio per le donne nel suo volume?
“Tante volte noi donne siamo un po’ crocerossine. Se c’è un amico che è in difficoltà speriamo di curarlo, di guarirlo con la nostra amicizia. Invece, se una ragazza si accorge che il suo ragazzo, il suo fidanzato o un suo amico ha dei problemi, non deve cercare di guarirlo, ci sono degli specialisti e dei centri per questo. Lo dico perché, come ha dimostrato l’assassino di Vanessa, dietro un agnellino si può nascondere un lupo.
Un po’ come nella favola di cappuccetto rosso, con la differenza che lei si salva. Spesso si dà tutto per scontato. È un errore che ho commesso anch’io, che consideravo buono Baroncini, anche se avevo percepito che qualcosa del suo carattere non mi piaceva e, ripensandoci, mi rendo conto che non stava bene: si lamentava per il lavoro, per tutto, e Vanessa cercava di tirarlo su. Questi potevano già essere dei sintomi, delle avvisaglie. Per questo consiglio alle ragazze di non fare le crocerossine, di non dare niente per scontato, e di tenere sempre le antenne accese”.
Massimiliano Piagentini