Al via le celebrazioni religiose per il Natale. Il vescovo: “La nascita di Gesù via alternativa alla sopraffazione e all’odio”

Domani la veglia nel duomo di Castelnuovo, lunedì la messa in cattedrale. Vigilia con celebrazione al carcere di Lucca

Celebrazioni religiose per le festività natalizie a Lucca, ecco il calendario.

La mattina di domani (24 dicembre) l’arcivescovo Paolo Giulietti celebra una messa nel carcere di Lucca. Alle 15 celebra alla Rsa di Maggiano, alle 18 in Santa Maria Bianca. La sera, presiede la veglia di Natale nel duomo di Castelnuovo Garfagnana alle 22,30.

Lunedì (25 dicembre), giorno di Natale, alle 10,30 celebra in cattedrale a Lucca poi alle 18,30 nella chiesa di Santa Rita a Viareggio.
Continuando poi le festività, monsignor Giulietti, sabato 31 dicembre, ultimo giorno dell’anno, presiederà il Te Deum di ringraziamento alle 17 a Lucca in cattedrale.

Domenica 1 gennaio, festa della Ss. Madre di Dio e Giornata mondiale della pace, l’Arcivescovo presiederà la messa alle 11 nel Duomo di Castelnuovo Garfagnana, alle 17 nella cattedrale di Lucca e alle 19 nella chiesa di Sant’Antonio a Viareggio. In particolare, la messa delle 17 in cattedrale a Lucca si pone al termine della tradizionale marcia Insieme per la pace, cui prenderà parte anche l’arcivescovo, e che si terrà quest’anno con ritrovo alle 15,45 in San Frediano per poi incamminarsi verso piazza San Martino.

Giovedì 5 gennaio presiederà alle 18 nella chiesa di Gallicano. Venerdì 6 gennaio, giorno dell’Epifania, alle 10,30 presiederà nella cattedrale di Lucca. Alle 8 nella chiesa di Quiesa.

Come ogni anno, con le feste arriva anche il messaggio di Natale dall’arcivescovo Paolo Giulietti. Un messaggio dai forti accenti anche civili con riferimenti alla guerra fra Israele e Palestina e ai tanti conflitti in corso.

Ecco le parole di monsignor Giulietti per le festività

 

Nella Terra Santa drammaticamente segnata dal terrorismo, dalla guerra e dal montare dell’odio si torna a celebrare il Natale; l’atmosfera è triste e gravida di preoccupazioni: non ci saranno luci a Betlemme e nelle altre città della Palestina, dove mancherà la presenza dei pellegrini di ogni parte del mondo. Vuoti alberghi, ristoranti e santuari, rimarrà solo la preghiera, come un grido verso il cielo: quello disperato e arrabbiato di chi ha perduto familiari, casa, lavoro, speranze…; quello sconsolato di chi vede allontanarsi le prospettive di pace e concordia; quello silenzioso di chi si chiede “perché?”, mentre comprende che solo da Dio, e non dagli uomini, possono venire parole e percorsi di riconciliazione e di futuro.
In questo ennesimo Natale di guerra si ricordano gli 800 anni del presepe di Greccio: quello che Francesco desiderò realizzare, come dicono le Fonti Francescane, per “vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui (il Bambino) si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”. Il Poverello di Assisi vuol rivivere con particolare intensità il momento in cui Dio decide di partecipare alle vicende degli uomini entrando dalla “porta di servizio”, quella dei poveri, di chi subisce disagi ed emarginazione. La nascita di Gesù nella borgata di Betlemme – vicina, eppure lontanissima, dallo sfarzo della reggia di Erode e dalle grandiose liturgie del Tempio – viene rivissuta dai frati e dal popolo di Greccio come una notte di luce: “uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi”.
Ciò che è accaduto a Betlemme è un lume di speranza nelle tenebre del mondo, poiché indica all’umanità una via alternativa a quella della sopraffazione e dell’odio: condividere da fratelli il cammino della vita, senza che alcuno venga scartato, nella ricerca incessante e faticosa della giustizia e della concordia. Nella notte di Betlemme appaiono finalmente utopistici non gli ideali di pace e disarmo, bensì le politiche di potenza, l’erezione dei muri, la massimizzazione dei profitti a scapito di lavoratori e ambiente, la globalizzazione dell’indifferenza…
La realpolitik dei sapienti di questo mondo rivela tutta la sua stoltezza, cioè la radicale incapacità di produrre giustizia e pace in questo mondo. La nascita di Dio in povertà e prossimità, invece, rincuora tutti coloro che cercano sinceramente di realizzare un mondo diverso, disposti a pagare sulla propria pelle l’inevitabile prezzo del bene. Nelle case, nelle chiese, nei luoghi pubblici… i presepi ripropongono anche quest’anno la semplicità e la letizia della scena di Betlemme: ci aiutino a smascherare gli inganni del cosiddetto “buon senso” e ad accogliere la proposta alternativa e provocatoria della fratellanza universale come unica e realistica via di pace. Auguriamoci che attorno ad ogni presepe grandi e piccini si sentano parte di “una nuova Betlemme”, la borgata della pace dove proprio nessuno è escluso.

 

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