Cartario, la protesta silenziosa dei lavoratori: manifesti ai cancelli e in città contro il nuovo contratto






I dipendenti del comparto dicono no: “A fronte di aumenti salariali ridicoli viene richiesto il massimo della flessibilità”
Una protesta silenziosa che per il momento parla attraverso i numerosi manifesti affissi nella notte alle cartiere, sulla sede della Cgil e in città. E’ quella dei lavoratori del comparto cartario che dicono no alla proposta di rinnovo del contratto nazionale avanzata da Assocarta. Un “contratto capestro” lo definiscono i lavoratori.
“Mentre lo sblocco dei licenziamenti – spiegano in una nota – mette a nudo l’attacco padronale al mondo del lavoro, con le bollette che aumentano e sempre meno stato sociale, Assocarta presenta un rinnovo capestro del contratto nazionale. A fronte di aumenti salariali ridicoli spalmati su 4 anni viene chiesto a noi lavoratori e lavoratrici del comparto cartario il massimo della flessibilità”.
Tra i punti contestati dai lavoratori c’è l'”itroduzione di un regime orario (6×6), che rende possibile l’organizzazione della settimana da lunedì a sabato con turni di 6 ore, con l’assorbimento di 4 ore di permesso a carico dei lavoratori per mantenere la retribuzione parificata a 40 ore”. Nel mirino la “massima flessibilità con il minimo preavviso per i cambi turno”. “Per i turnisti in regime di ciclo continuo (4/2 – 3/2 – 2/1) le prestazioni aggiuntive – proseguono – non saranno più considerate come straordinari, ma come giornate da recuperare a parità di salario ordinario. In caso di sospensione o interruzione dell’attività lavorativa sin dal primo giorno sarà a carico delle ferie e dei permessi”.
Respinta anche l’ipotesi di “introduzione del ‘conto individuale del tempo’, una banca ore totalmente a carico del lavoratore che con i suoi permessi e le sue ferie potrà mettere da parte per un’uscita anticipata al momento della pensione. Consideriamo tutto questo – spiegano i lavoratori – parte di un disegno da parte di Confindustria e del governo, per riportare il mondo del lavoro al secolo scorso, con il sostanziale silenzio del sindacato. Sul fronte dei licenziamenti segnaliamo come, se da una parte il cambio di produzione alla Essity non causerà la delocalizzazione dello stabilimento e il licenziamento di massa, dall’altra i giochi in borsa dei padroni, che sono dietro a questi cambi di produzione, seguono quelle logiche di mercato e speculazione che causano scenari come quelli paventati rendendoli reali, come abbiamo visto alla Gkn di Firenze. Inoltre questi cambi di rotta sulla divisione della produzione sono una presa in giro dato che sono scelte opposte alle precedenti che venivano vendute come utili alla nostra gente e al nostro territorio. Ci viene quindi venduta un’ipocrita trasversalità dei benefici, ci raccontano che lo sforzo operaio richiesto per ‘migliorare i costi’ e ‘diventare poli d’eccellenza’ abbia ricadute positive per il padrone come per il lavoratore, per la proprietà come per il territorio abitato da noi e le nostre famiglie. Salvo poi fare l’opposto il giorno dopo. Loro non si fermeranno, sta a noi lavoratrici e lavoratori invertire la tendenza riempiendo le piazze dell’autunno insieme alle vertenze già in atto (Gkn, Texprint, Whirlpool) e a tutti coloro che in ogni categoria si trovano di fronte ad aumenti di ogni tipo tra utenze, prezzi e carburanti mentre gli stipendi rimangono al minimo”.