Semi di marijuana: è lecito coltivarli?

17 novembre 2022 | 20:06
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Semi di marijuana: è lecito coltivarli?

Questione annosa quella della cannabis, è tornata di recente nell’agenda della politica italiana a seguito dell’approvazione in Commissione Giustizia di un disegno di legge per la depenalizzazione della coltivazione per uso domestico. Facciamo chiarezza in questo articolo, ripercorrendo brevemente gli interventi normativi che si sono susseguiti in questa delicata materia

Il successo della filiera della canapa è davanti agli occhi di tutti: oggi giorno è possibile per chiunque comprare semi di cannabis, semplicemente avvalendosi dei servizi offerti dagli shop online, come Sensoryseeds.it, che, oltre a presentarci una vasta gamma di semenze di canapa di altissima qualità, ci offrono altresì la possibilità di ricevere i prodotti comodamente a casa.

Questa facilità con cui è possibile reperire semi di marijuana non ci deve però ingannare: se infatti è lecito l’acquisto, ne resta però proibita la coltivazione per uso personale. Ma procediamo con ordine per non perderci nella “giungla” delle norme che regolano la materia.

Cannabis legale: cosa prevede la normativa vigente

Partiamo dalle basi: ciò che contraddistingue la cannabis legale e la differenzia da quella tradizionale (la canapa indiana) è la quantità di principi attivi in essa contenuti.

La cannabis legale, infatti, viene ricavata dalle infiorescenze delle piante di canapa, le quali vengono selezionate per la bassa concentrazione di delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), il principio attivo che ha effetti psicoattivi e causa assuefazione. Da qui il nome di cannabis light, proprio ad evidenziarne questo aspetto.

La legge che ha aperto alla strada alla vendita della marijuana legale in Italia è la L. 242 del 2016 che, nell’intento del legislatore, è finalizzata a regolamentare e a promuovere la filiera della canapa in diversi settori, da quello alimentare alla cosmetica.

Più nel dettaglio, la legge 242/2016 permette di coltivare la cannabis sativa L., che è l’unica specie di canapa di cui è consentita la coltivazione in ambito europeo (risulta inserita nel “Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole”), pur nei limiti individuati dal Ministro della Salute, con apposito decreto.

Quali sono questi limiti che fanno da spartiacque tra legale e illegale? Il THC nella cannabis light non deve superare lo 0,2%. Se la concentrazione è superiore a tale soglia (pur, considerando minimi margini di tolleranza), non passiamo più parlare di canapa industriale (o marijuana legale), ma ci troviamo di fronte alla normale canapa indiana, che è a tutti gli effetti considerata una sostanza drogante dalla legge italiana.

Se ne desume che la marijuana per essere legale deve essere ricavata da piante di canapa la cui coltivazione avviene a partire da semi certificati; semi che una volta germogliati dovrebbero dare alla luce piante capaci di garantire il rispetto dei limiti di THC fissati dal Ministero della Salute.

L’uso del condizionale è però d’obbligo, perché anche usando semenze certificate non vi è la certezza di crescere piante con un livello di THC inferiore allo 0,2% e il rischio in cui si incorre è chiaramente quello di essere sottoposti a sanzioni anche pesanti.

I semi di marijuana sono legali perché non contengono THC

Se questo è il quadro generale, è necessario un approfondimento circa i semi di marijuana, dato che questi rivestono una posizione peculiare all’interno del nostro ordinamento giuridico. Ciò in ragione del fatto che i semi non contengono principi attivi pscicotropi: il THC, come abbiamo visto, viene ricavato dalle infiorescenze della pianta.

Pertanto, i semi non rientrano nella nozione legale di cannabis e non sono considerati sostanza stupefacente ai sensi della legge italiana (L. 412 del 1974). Ciò significa, in altre parole, che non ne è vietata la vendita, né il possesso, purché i semi vengano utilizzati esclusivamente per fini collezionistici.

Completamente diverso è il discorso sulla coltivazione della cannabis, che resta vietata dalla legge (DPR 309/90). Come abbiamo anticipato, infatti, la germinazione di semi di cannabis light non garantisce di per sé la crescita di piante prive di THC.

Il disegno di legge sulla depenalizzazione della coltivazione domestica della cannabis

Nel quadro normativo appena delineato si inserisce il disegno di legge presentato dal M5S al fine di modificare il Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope.

A tal proposito, va evidenziato come il ddl in esame si muova nella stessa direzione tracciata dalla Corte di Cassazione, la quale ha stabilito che chi coltiva la cannabis in ambito domestico e per impiego individuale non è perseguibile penalmente all’autoconsumo (Sezioni Unite, sentenza 19 dicembre 2019).

Vediamo allora di seguito le due grandi novità che si otterrebbero con la conversione del decreto:
– verrebbe depenalizzata la coltivazione di cannabis per uso personale, sempre che resti circoscritta a un numero massimo di quattro piante;
– verrebbero alleggerite le pene per i reati di piccola entità, con un sostanziale dimezzamento delle pene massime (da quattro anni a due anni e due mesi), salvo il caso di spaccio di sostanze stupefacenti a soggetto minore di età.

Inoltre, il ddl contiene una proposta per l’istituzione di una giornata nazionale per ricordare l’importanza della prevenzione dei danni derivanti dall’uso delle droghe e altre sostanze dannose per la salute, come tabacco e alcol.

Come è facilmente intuibile, l’iter parlamentare di questo ddl è ancora lungo e incerto (in Aula ha incontrato l’ostruzionismo della destra), ma qualora venisse approvato in via definitiva darebbe il via libera, di fatto, alla depenalizzazione dei reati attualmente previsti per la coltivazione della cannabis per uso personale.

Sebbene la strada resti ancora impervia, la ricchezza prodotta dalla filiera della canapa dal 2017 ad oggi lascia intravedere spazi di apertura verso la regolamentazione di un settore che si stima che abbia generato un volume di affari di oltre quaranta milioni di euro all’anno.