Piero Caniparoli: dalla pasticceria alla scrittura, una vita fatta di passioni

27 gennaio 2020 | 15:10
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Piero Caniparoli: dalla pasticceria alla scrittura, una vita fatta di passioni

Dai successi in cucina al libro ‘L’anello’ e alla creazione della prima maschera lucchese, il Lucchetto: “Ma non chiamatemi artista”

Non solo pasticcere, ma anche pittore, scultore, collezionista di fumetti e, da poco, scrittore. “Non chiamatemi artista – avverte però Piero Caniparoli – sono semplicemente un uomo libero”.

Classe 1964, Piero Caniparoli nasce a Molazzana in una famiglia come tante. Secondo di quattro figli, padre muratore e madre infermiera, fin da subito si distingue per la sua anima ribelle e inquieta: “Ero la pecora nera della famiglia, non sapevo stare fermo. E così è stato fino a quando ho incontrato la mia compagna: se non fosse per Maria Chiara, oggi non sarei a Lucca”.

È infatti qui che nel 1994 ha aperto la cioccolateria Caniparoli, famosa oltre i confini della cinta muraria. Ma che tuttavia, è solo l’ultimo approdo di una vita irrequieta, in giro per il mondo alla ricerca di esperienze sempre nuove e stimolanti: “Credo che il segreto del mio successo sia stata proprio la mia insaziabilità. Consiglio ai giovani di buttarsi a capofitto nelle proprie passioni. Bisogna provare, rischiare: io l’ho fatto e non me ne pento. Sono felice”.

Subito dopo gli studi liceali, a 19 anni Piero inizia il suo viaggio nella pasticceria. Prima un apprendistato al Casali, avventurandosi poi nel mondo. “Per imparare, rincorrevo i più grandi esperti da una città all’altra. I miei genitori? Beh, comprensibilmente, loro desideravano vedermi sistemato vicino a casa, e stabile. Un figlio sempre in viaggio non rende certo tranquilli. Ma non mi hanno mai ostacolato, e li ringrazio”.

Con il sostegno della famiglia, Piero lascia Lucca visitando la Francia e il Belgio. Ma infine si trasferisce in Svizzera innamorandosi del cioccolato, una passione che dalla cucina trasferisce alla pittura. “Ho creato una miscela di semi di cacao e una tecnica personale, per stenderla direttamente sulla tela – spiega Piero – Amo dipingere, soprattutto i soggetti umani e anche il pubblico sembra apprezzare. I miei lavori sono arrivati fino in America latina e in Svizzera. A chi m’ispiro? Mi piacciono molto l’espressionismo, l’impressionismo e le avanguardie… Tuttavia i miei maestri sono i grandi del Rinascimento”.

Ma l’amore per l’arte non si ferma alla pittura. Affascinato dai manufatti primitivi, Piero si avvicina inoltre all’archeologia sperimentale: “La perfezione raggiunta dai nostri antenati è stupefacente: con felce e pietre realizzavano raschiatoi e coltelli ineccepibili, come anche gli indios con archi e frecce – dice – Ispirandomi a loro, scolpisco grafite, pietra e legno: cerco di imitarne la manualità, che ammiro profondamente”.

Una manualità che è anche la chiave del suo lavoro, qualsiasi ne sia la destinazione. Sia in pasticceria che con pennello o scalpello in mano, Piero crea, modellando con le mani la materia prima. Cosa per cui ha da subito manifestato una buona attitudine: “Per questo mi dedico ad alcune discipline, scartandone altre. La manualità è il centro focale della mia personalità, e di ogni mia attività”. Eccezion fatta, tuttavia, per una: il suo primo romanzo.

Edito da Porto Seguro Editore e presentato lo scorso 16 dicembre all’atelier Ricci, L’Anello ha riscontrato un ottimo successo, e se ne prevedono altre ristampe.

“Da cosa è nata l’idea di scrivere? Non era un sogno nel cassetto, credo sia cresciuta in me spontaneamente. Da piccolo, a matematica ero una frana – ammette scherzando Piero – così come nelle discipline scientifiche. Ma ho sempre divorato i romanzi. I miei autori preferiti sono Jules Verne e Jack London, a cui si avvicina la mia scrittura. Semplice, perché amo esteticamente la semplicità. Ma anche per arrivare a tutti, soprattutto oggi che sempre meno gente legge. E dalle vendite del romanzo, credo di esserci riuscito”.

Ma cos’è che ha catturato lettori di ogni età? Di cosa parla L’Anello? Dov’è ambientato? Non in una grande metropoli, né in un luogo lontano ed esotico: ma nella nostra Lucca di metà Ottocento.

E’ un racconto un po’ fantastico, ispirato alla leggenda del duomo in San Michele. Una leggenda che poi proprio leggenda non è. Come tutti i lucchesi sanno, si narra che al dito dell’arcangelo sulla sommità della chiesa, vi sia un diamante o uno smeraldo e che si possa vederlo risplendere la sera. Dico che forse leggenda non è perché, posizionati in un certo punto della piazza, effettivamente si osserva qualcosa che luccica lassù: e i miei personaggi affrontano innumerevoli avventure per ritrovare il gioiello”.

Avventure che li conducono dalla città fino in Garfagnana, i luoghi natii di Piero: “Non posso rivelare di più, sennò rovinerei la sorpresa – avverte – Ma spero di far conoscere queste bellissime località, dove ho trascorso la mia infanzia. E magari, di ispirare qualche lettore a visitarle. La prossima presentazione del romanzo mi piacerebbe farla proprio a Molazzana, il piccolo paesino dove sono nato: sarebbe molto significativo”.

Come significativo, del resto, è il nome e l’immagine del protagonista, creati da Piero e registrati alla Siae, da cui è nata la prima maschera carnevalesca della città. “Bianca e rossa per riprendere il colore di Lucca. Un omaggio a Pompeo Batoni del Settecento, con un cappello a forma delle mura. E il nome Lucchetto, oltre a richiamare Lucca in senso letterale, sottintende il carattere un po’ ermetico e conservatore dei suoi abitanti. I lucchesi”.

Lavoratori riservati e instancabili, che conoscono Piero come pasticcere e romanziere, ma anche come collezionista di fumetti. Una grande passione, quella per le graphic novel, che nel 2015 l’ha reso protagonista di Italia da Stimare, il programma su Rai Uno: “È stata una bellissima esperienza ospitare una troupe televisiva in casa. Ho capito il lavoro c’è dietro le quinte, perché di là dallo schermo si vede solo la punta di un iceberg-racconta-. Un’avventura che ripeterei volentieri, se ne avessi la possibilità”, dice.

E aggiunge: “Oggi però mi vorrei dedicare alla scrittura, ho già alcune idee nel cassetto. E ovviamente alla mia pasticceria, in via Vittorio Veneto: amo il mio lavoro, e do sempre precedenza alla qualità. Ma la offro ad un prezzo accessibilissimo a tutti”.

Bisogna avere un caos dentro di sé per generare una stella danzante, diceva Nietzsche. E Piero Caniparoli ne è un esempio. Pasticcere, pittore, scultore, studioso d’arte, collezionista di fumetti e scrittore: un artista in senso lato, non amando tuttavia definirsi tale. “Io mi sento un uomo libero, perché l’arte è libertà. Mi ha permesso di esprimermi senza paure, e capire chi sono. Di acquisire una autoconsapevolezza. Questo insegno infatti alle mie due figlie Matilde e Emma: a cimentarsi liberamente nella scoperta di sé, a sperimentare: senza lasciarsi condizionare dalle mode e dai compagni”.

“Desidero – conclude –  che come ho fatto io, anche loro trovino il proprio posto nel mondo, senza omologarsi alla massa. E che si considerino persone a sé stanti, esprimendo le loro attitudini nel modo migliore e senza imitare nessuno. Tanto meno i genitori”.