Solleva cassette di frutta 6 ore al giorno, riconosciuta la malattia professionale: scatta l’indennizzo

Il lavoratore del supermercato si è rivolto al giudice del tribunale civile
Aveva presentato domanda di riconoscimento di malattia professionale, contratta a causa del lavoro svolto dal 2003 al 2017 come addetto al reparto di frutta e verdura di un supermercato della provincia di Lucca, sollevando cassette durante turni di 6 ore giornalieri. Al lavoratore però non era stata riconosciuta la tendinopatia ad entrambe le spalle e la domanda era stata respinta. Così, l’addetto del supermercato, ha portato il caso davanti al giudice del tribunale civile di Lucca, il quale, dopo una perizia medica, ha riconosciuto al lavoratore in questione il diritto all’indennizzo per danno biologico da malattia professionale nella misura del 7% a decorrere dalla presentazione della domanda amministrativa del 13 giugno 2017.
Così ha deciso il giudice Alfonsina Manfredini. Nella sentenza emessa si ricostruisce il caso del lavoratore che si era visto respingere la domanda di riconoscimento della malattia professionale già il 28 luglio del 2017. Anche l’opposizione proposta il 9 agosto di quello stesso anno non aveva avuto alcun riscontro. Dopo questi tentativi, il lavoratore ha deciso di fare causa.
Tramite il suo legale e dopo essersi dovuto sottoporre ad un intervento chirurgico, ha fatto presente al giudice che le sue mansioni prevedevano turni lavorativi di 6 ore al giorno ma la controparte aveva ribattuto che durante questi turni il lavoratore in questione sollevava in tutto circa 20 cassette, con lunghi periodi di intervallo tra un sollevamento e l’altro, sostenendo la non riconducibilità della patologia alla causa lavorativa, trattandosi di malattia di origine multifattoriale.
Non è stato dello stesso avviso il giudice che si è basato sulla relazione di un Ctu nominato per stabilire se la patologia del lavoratore fosse riconducibile alle sue mansioni. Il consulente ha rilevato che le mansioni effettuate dal ricorrente avrebbero implicato una “esposizione a fattori di rischio”, sostenendo quindi le sue attività lavorative avrebbero potuto concorrere a sviluppare la patologia.
Dalla documentazione acquista, il consulente ha sostenuto anche che “l’attività lavorativa di un addetto al reparto ortofrutta prevede un largo impiego degli arti superiori che, seppure non chiamati a fare lo stesso identico gesto, vengono comunque impegnati per la maggior parte del turno lavorativo sollevando e spostando carichi variabili da qualche etto a dieci chilogrammi”.
Sulla base di questi elementi, il Ctu ha concluso che il danno biologico subito debba stimarsi nella misura del 7%. La stessa percentuale dell’indennizzo fissato dal giudice nei confronti della controparte che dovrà pagare anche le spese di lite.