Via la licenza di caccia dopo gli schiaffi alla nipote per una lite: anche il Tar dà ragione al prefetto

Anche in assenza di querela il solo gesto, per il tribunale amministrativo, giustifica la revoca dell’autorizzazione
Durante una discussione con una sua nipote era passato alle vie di fatto schiaffeggiandola e afferrandola per il collo, la ragazza era stata quindi curata dai sanitari dell’ospedale di Castelnuovo per lievi contusioni ed ecchimosi, ma successivamente i due avevano fatto pace e chiarito i loro diverbi, tanto che la ragazza non aveva poi sporto querela.
Ma da quel verbale sanitario sono comunque partite alcune indagini e il prefetto di Lucca e il questore dell’epoca avevano revocato all’uomo la licenza di caccia e notificato il divieto di detenzione di armi sequestrando quelle in suo possesso. L’uomo non potrà più andare a caccia o avere armi di nessun genere e tipo perché anche il Tar di Firenze a cui si era rivolto gli ha dato torto rigettando il suo ricorso.
Scrivono i giudici del Tar fiorentino in sentenza: “Nella specie è stata condivisibilmente ritenuta dal orefetto di Lucca come sufficiente ed assorbente la circostanza che il ricorrente avesse percosso la nipote, schiaffeggiandola al volto e afferrandola per il collo e spingendola fuori di casa verso una siepe, come credibilmente dichiarato nell’imminenza dei fatti dalla nipote al medico del pronto soccorso (non emergono infatti ragioni per non ritenere veritiera tale dichiarazione), e come comprovato dalla presenza di segni di afferramento sul collo della vittima, come da referto del pronto soccorso dell’ospedale di Castelnuovo di Garfagnana. Tale elemento fattuale è da solo idoneo a fondare il giudizio, formulato dal prefetto, e conseguentemente dal questore, di mancanza di garanzia rispetto alla detenzione delle armi e, dunque, d’inaffidabilità”.
Per i giudici le ragioni del divieto di detenzione e della revoca sono dunque da collegarsi all’impossibilità di escludere che si possa ripetere un episodio, in qualsiasi altra circostanza, in cui il ricorrente perda l’autocontrollo nei confronti di altre persone. Conclude infatti la sentenza: “Le ragioni del divieto di detenzione e della revoca sono dunque da collegarsi all’impossibilità di escludere che si possa ripetere un episodio, in qualsiasi altra circostanza, in cui il ricorrente perda l’autocontrollo nei confronti di altre persone”. Nessun procedimento penale dunque è venuto fuori per mancanza di querela ma questo non impedisce all’amministrazione, in questo caso prefettura e questura, di adottare provvedimenti di tipo cautelare. L’uomo ei era difeso affermando che “effettivamente quel giorno si era originata in casa una discussione per una questione di poco conto, con una nipote recatasi a visitare la nonna che non era però degenerata in un’aggressione fisica da parte del ricorrente ai danni della nipote. Si sarebbe comunque trattato di un episodio isolato, per il quale la nipote non aveva sporto querela, e nel corso del quale non vi sarebbe stato da parte dell’odierno ricorrente alcun riferimento alle armi e alle munizioni, e ciò né in termini di minaccia di loro indebito utilizzo, né in termini di effettivo uso. Peraltro, con mail inviata alcuni mesi dopo, il ricorrente aveva manifestato alla nipote il proprio risentimento per quanto accaduto e la stessa, con mail di risposta, aveva dato atto di aver compreso l’atteggiamento dello zio accettandone le scuse”.
Ma per il Tar il verbale dei sanitari è bastato a revocargli la licenza di caccia e impedirgli di avere armi in casa in futuro.