La Corte d’Appello conferma la confisca dei beni agli eredi dell’imputato morto: rimedia la Cassazione

Dopo la dichiarazione dell'estinzione del reato non è ammesso mantenere il provvedimento cautelare sui beni della successione

La suprema Corte di Cassazione pone rimedio a un suo stesso errore, che era stato poi utilizzato dalla corte d’Appello di Firenze all’interno di una complessa e delicata vicenda giudiziaria che aveva portato anche al sequestro ai fini di confisca di beni mobili e immobili per oltre 3 milioni di euro nei confronti di un uomo originario della Garfagnana.

L’uomo era finito anni fa nel mirino della guardia di finanza che, dopo un’articolata indagine coordinata dalla magistratura inquirente, aveva portato al suo arresto per estorsione e usura e alla confisca milionaria di alcuni beni in suo possesso. Il procedimento penale era proseguito con la condanna a 5 anni in primo grado e a 3 anni in appello.

L’imprenditore lucchese a quel punto aveva deciso di proporre ricorso in Cassazione e gli ermellini proprio sul provvedimento di sequestro avevano accolto le sue tesi rinviando gli atti ad altra sezione d’appello per dirimere alcune questioni inerenti proprio ai suoi beni. Questo perché in secondo grado aveva retto l’ipotesi accusatoria relativa alle estorsioni ma non quella relativa all’usura, quindi anche il sequestro dei beni doveva essere rivisto.

Ma nelle more del procedimento l’uomo muore e quando le carte processuali tornano in appello i giudici prendono atto del suo decesso e annullano la condanna penale per sopravvenuta morte del reo ma ripropongono il sequestro dei beni ai fini di confisca nei confronti dei suoi eredi: moglie e figlia, anche loro residenti in Lucchesia.

La Cassazione quando aveva annullato con rinvio la precedente decisione dei giudici di secondo grado però aveva commesso un errore. Quando le due donne hanno proposto di nuovo ricorso in Cassazione contro il secondo provvedimento di sequestro milionario dei beni di famiglia, stavolta emesso direttamente nei loro confronti in qualità di eredi, gli ermellini stavolta si sono accorti dell’errore e hanno posto rimedio. Anche la Corte d’appello di Firenze aveva sbagliato, sempre stando alla sentenza della Cassazione dei giorni scorsi, forse anche indotta in errore dalla precedente sentenza dei giudici di piazza Cavour.

Fatto sta che con la sentenza pubblicata il 26 settembre scorso, con le relative motivazioni, i giudici della suprema corte di Cassazione non hanno più rinviato gli atti alla corte d’Appello, come la prima volta, ma hanno revocato definitivamente il provvedimento che teneva bloccati i 3 milioni di euro della famiglia. Si legge infatti in sentenza: “La sentenza impugnata, dunque, deve essere annullata senza rinvio, da ciò conseguendo la revoca della confisca ancora in atto e la restituzione agli aventi diritto dei beni. Per questi motivi annulla senza rinvio la sentenza impugnata, revoca la confisca e dispone la restituzione agli aventi diritto di quanto in sequestro”.

Gli ermellini hanno chiarito che quando la Corte d’Appello ha ricevuto gli atti dopo il rinvio le condanne nei confronti dell’uomo non erano ancora definitive, tutte le condanne e non solo quelle relative a beni ma anche quelle principali di usura, nel qual caso sarebbe stato legittimo agire nei confronti degli eredi. Il sopraggiunto decesso dell’imputato, quindi, avrebbe imposto al giudice l’immediata declaratoria di estinzione del reato, senza la possibilità di proseguire il processo anche al solo fine di accertare l’esistenza o meno dei presupposti per la confisca. Men che meno nei confronti degli eredi.

Il caso giudiziario è chiuso in modo definitivo e le due donne riavranno tutto quello che era stato confiscato. Una sentenza molto importante non solo per il caso specifico ma anche per tutti quelli simili in tutta Italia. Le pronunce della Cassazione, infatti, orientano tutte le altre decisioni in una materia specifica specie laddove la norma di base non chiarisce bene tutte le fattispecie possibili.

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