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Truffa dei diamanti, il tribunale le dà ragione: risarcita una donna

21 maggio 2023 | 14:17
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Truffa dei diamanti, il tribunale le dà ragione: risarcita una donna

La sentenza di Appello favorevole alla signora che era stata convinta ad acquistare due pietre preziose a più del doppio del valore di mercato

Ha dovuto attendere 5 anni e due gradi di giudizio per il riconoscimento del danno ricevuto dal Banco Bpm spa, una donna garfagnina, che lavora nel settore della ristorazione ha vinto in appello la causa contro la banca che ora dovrà pagarle 30mila euro di anni e 15mila euro di spese legali. Questo ha stabilito infatti la corte d’Appello di Firenze nella sentenza pubblicata il 16 maggio scorso a firma dei giudici Monti, Primavera e Nannipieri sull’ennesimo caso arrivato in aula relativo a diamanti comprati a prezzi decisamente superiori a quelli di mercato nonostante fosse chiaro che si trattasse appunto di cifre gonfiate.

E proprio questo ha convinto i giudici fiorentini a dare ragione alla signora. La donna aveva acquistato due diamanti a 49mila euro ma ne valevano 19mila ma in primo grado di giudizio il tribunale lucchese non aveva accolto le sue richieste risarcitorie nel 2018, ma poi la giurisprudenza in merito è cambiata con sentenze della Cassazione e del Consiglio di Stato, definitive, e quindi ora anche lei, come altri clienti, sarà risarcita.

Si legge infatti in sentenza: “Ebbene, i predetti profili di scorrettezza della condotta di Bpm, rilevati in via generale dall’Autorità di vigilanza sono puntualmente ravvisabili nel caso di specie, posto che l’operazione di investimento in diamanti era stata segnalata alla donna i dai funzionari della filiale presentandola come un’opportunità di investimento in bene rifugio il cui obiettivo era quello di tutelare il potere di acquisto della somma utilizzata con la promessa di un facile disinvestimento e di rendimenti costanti e sicuri”. Alla donna, secondo quanto emerso nel processo, era stato mostrato un materiale illustrativo di dati finanziari, tra cui anche la “quotazione diamanti e andamento inflazione, accompagnato da immagini estratte da riviste tematiche e finanziarie, presentato dal consulente come quotazioni di mercato; i dati rappresentavano rendimenti costanti e crescenti, al fine di rassicurare il cliente e così indurlo a perfezionare l’investimento. L’operazione era stata conclusa nei locali di Bpm, che si era occupata anche di custodire i diamanti. Prosegue la sentenza: “Il corrispettivo chiesto da Idb (International diamond business) per il tramite della banca e pagato dalla donna era più del doppio del valore reale delle gemme indicato nel listino ufficiale reale”. In realtà, dunque, Bpm per i giudici non ha svolto un ruolo di “mero segnalatore” il che peraltro sarebbe stato di per sé sufficiente ad esporre l’istituto a responsabilità, dato che il “segnalato” non era un operatore economico affidabile, “ma ha svolto un ruolo propositivo e determinante in vista della conclusione dell’affare con Idb, tradendo la fiducia di cui godeva nel rapporto da tempo instaurato con la cliente, al fine di indurla a concludere l’investimento, sebbene la banca conoscesse o comunque dovesse conoscere secondo il parametro della diligenza qualificata esigibile la natura sostanzialmente fraudolenta dell’affare”. Parole dure, chiare e inequivocabili. Una brutta storia che ha riguardato centinaia di persone in tutta Italia e che sta trovando “giustizia” nelle aule di tribunale per i clienti raggirati tra cui anche alcuni vip.

Il collegio difensivo delle parti in causa era formato dagli avvocati Francesco Giordano, legale della donna, e Giuseppe Lombardi, Francesca Benedetta Tremolada, Maria Francesca Lucisano e Alberto Mager, legali di Bpm.