Documenti e contratti di lavoro falsi per i permessi di soggiorno, sgominata la banda

Si facevano pagare fino a 2.500 per le dichiarazioni di ospitalità fasulle e per finti impieghi: 8 nei guai

Un giro di dichiarazioni di ospitalità false e contratti di lavoro fasulli per convertire i titoli di soggiorno da motivi umanitari a motivi di lavoro. Un trucco redditizio messo in piedi da 8 persone, indagate nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla procura di Lucca che ha smascherato una gang composta da persone di origini pakistane e srilankesi che si faceva pagare fino a 2.500 euro per ottenere i documenti in regola da parte di malcapitati immigrati.

Nei guai sono finiti 6 cittadini del Pakistan, 1 dello Sri Langa ed 1 del Bangladesh, tutti di età compresa tra i 31 e i 42 anni, residenti tra Lucca, Altopascio e la Garfagnana, cui sono stati contestati illeciti commessi tra la fine del 2020 e tutto il 2021. Diverse le fattispecie di reato a loro contestate, che vanno dalla falsificazione di documenti finalizzati a determinare il rilascio del permesso di soggiorno, all’intestazione fittizia, fino ad arrivare all’autoriciclaggio.

Le indagini, svolte anche attraverso il ricorso ad attività tecnica, sono state condotte dalla Squadra Mobile della questura che si è avvalsa della collaborazione del locale Ufficio Immigrazione, che nell’ambito del monitoraggio della pratiche di soggiorno, aveva rilevato che un numero particolarmente elevato di cittadini stranieri, per lo più di nazionalità pakistana ma anche del Bangladesh e dello Sri Lanka, in alcuni casi residenti addirittura in province limitrofe, dichiaravano di avere il domicilio in questa provincia e richiedevano la conversione del permesso di soggiorno da motivi umanitari a lavoro subordinato, presentando contratti di lavoro riconducibili sempre alle stesse attività nel settore della ristorazione.

Mirati servizi di osservazione e controlli amministrativi hanno consentito di accertare che il gruppo, per le illecite attività finalizzate alla regolarizzazione della posizione degli stranieri sul territorio nazionale, disponeva di più appartamenti, regolarmente affittati, in cui si faceva credere che venissero ospitati uomini e donne, pakistani e srilankesi, molti dei quali impiegati in compagnie di delivery, condizione necessaria ai fini del perfezionamento delle istanze finalizzate al rilascio dei permessi di soggiorno.

La banda, secondo l’accusa, aveva utilizzato una dichiarazione di ospitalità firmata in bianco e in buona fede dal proprietario di uno degli appartamenti affittati, dietro la promessa che sarebbe stato restituito compilato appena possibile. Ma così non è stato. Questi moduli in bianco, fotocopiati, sarebbero stati infatti riempiti con i dati di svariati cittadini stranieri, per farli risultare pienamente idonei ad indurre in inganno il personale preposto alla ricezione delle attestazioni di ospitalità.

Attraverso il confronto tra l’originale dichiarazione di ospitalità e quelle, falsamente prodotte all’ufficio Immigrazione, gli investigatori hanno dimostrato l’esistenza sui fogli di tracce (puntini, rigature, macchie) assolutamente identiche.

Stando ancora all’accusa, la banda disponeva di numerose attività commerciali, operanti prevalentemente nella ristorazione, sia a Lucca che in Garfagnana, necessarie a simulare i rapporti lavorativi degli extracomunitari. Approfondite verifiche, effettuate anche con la collaborazione dell’Ispettorato del lavoro di Lucca e l’Inps, hanno fatto emergere numerosi casi di lettere di assunzione e denunce di rapporti di lavoro fittizi, come anche di contratti a tempo determinato sottoscritti unicamente per il tempo strettamente necessario al rilascio dei titoli di soggiorno, salvo poi puntualmente non essere rinnovati.

Nel corso dell’attività sono state inoltre eseguite perquisizioni e sequestri di documentazioni e cellulari, al fine di acquisire ulteriori elementi a sostegno dell’ipotesi investigativa.

Nel mese di dicembre è stata inoltre eseguita nei confronti di uno degli indagati, A.I., 31 enne del Pakistan, la misura cautelare del divieto di dimora in Lucca e provincia. Nei suoi confronti sono stati infatti ravvisati gravi indizi di colpevolezza e sono state ritenute sussistenti le esigenze cautelari per diversi episodi tra l’aprile e l’ottobre del 2021.

A quest’ultimo, in particolare, sono stati contestati più episodi di contraffazione di documenti che gli avrebbero consentito di lucrare sul giro illecito, oltre al reato di violenza privata commesso ai danni di un connazionale da lui agevolato nella presentazione dell’istanza di permesso di soggiorno di lungo periodo. Quest’ultimo, infatti, al momento della convocazione in Questura per fornire informazioni in merito alla sua domanda di soggiorno, secondo quanto ha ricostruito la polizia, sarebbe stato perentoriamente istruito dall’indagato di non portare il telefono cellulare con sé in Questura. In quella circostanza gli aveva intimato di non riferire nulla circa gli accordi presi con lui, dietro espressa minaccia che, se avesse disatteso la richiesta, ci sarebbero state ripercussioni per la sua integrità fisica e per quella dei suoi familiari. Il compenso richiesto ed ottenuto in quel caso era stato di 2500 euro ed i pagamenti erano avvenuti, in parte in contanti, in parte tramite bonifici effettuati su carta poste pay dell’indagato o intestata ai familiari dell’indagato stesso, residenti in Pakistan.

L’attività investigativa, in quella circostanza, aveva fatto emergere che il 31enne si era incontrato con la vittima, poco prima che quest’ultimo si recasse in Questura dove era stato convocato, ed aveva preteso di consultare il suo telefono cellulare, arrivando a cancellare personalmente tutte le conversazioni whatsapp intercorse con lui, per non lasciare tracce degli illeciti commessi.

Negli scorsi giorni la Squadra Mobile, su disposizione della procura ha notificato agli indagati l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.