Omicidio Simonini, la famiglia di Vanessa risarcita di 50mila euro dal fondo vittime dei reati intenzionali violenti

Il femminicida Simone Baroncini è nullatenente e non può onorare la sentenza definitiva: genitori e sorelle hanno fatto causa alla presidenza del Consiglio, ma queste ultime non avranno nulla

Una nuova sentenza che non mancherà di sollevare polemiche sull’omicidio di Vanessa Simonini.

La giovane di Gallicano, a soli 20 anni, è stata strangolata e uccisa da un amico più grande di lei in una maledetta sera di dicembre del 2009. Con la sentenza pubblicata venerdì scorso del tribunale di Roma si è concluso qualunque possibile iter giudiziario riguardante questo brutale femminicidio che ha scosso un’intera comunità, oltre ai familiari e agli amici della giovane e innocente vittima.

Fu lo stesso assassino, Simone Baroncini di Pisa, all’epoca 35 anni, il 7 dicembre del 2009 a chiamare i carabinieri, a far ritrovare il corpo di Vanessa Simonini sul greto del fiume Serchio a Gallicano, e infine a confessare. In primo grado di giudizio, in corte d’Assise a Lucca, era stato condannato a 30 anni di reclusione, ma in appello la pena fu ridotta a 16 anni e nel 2013 la suprema corte di Cassazione dichiarando inammissibile il ricorso dell’omicida aveva confermato la condanna di secondo grado e anche il risarcimento dei danni ai familiari.

Nessuna umana condanna potrà mai riparare minimamente un gesto così efferato e brutale o ridare la vita a Vanessa e pace vera ai familiari ma insomma oltre alla pena ridotta non è stato possibile ottenere nessun risarcimento diretto dal colpevole. In questi casi esiste un fondo governativo per le vittime di reati violenti che non risarcisce ma offre un contributo forfettario come indennizzo. Decisamente basso per crimini del genere, ma tant’è. La legge per il fondo governativo prevede un massimale di 60mila euro.

L’assassino di Vanessa è nullatenente, non svolge attività lavorativa e non possiede beni da sottoporre a pignoramento né un possibile patrimonio futuro aggredibile per soddisfare le pretese creditorie degli stretti parenti della vittima. Ai genitori sono andati solo 25mila a testa, per un totale quindi di 50mila euro, dal fondo Vittime dei reati intenzionali violenti del Viminale.

I legali della famiglia di Vanessa avevano fatto causa al governo, in particolare alla Presidenza del Consiglio dei ministri titolare del fondo, chiedendo 300mila euro a testa per i genitori di Vanessa e altri 130mila ciascuno per le due sorelle della vittima. Ma la legge 122 del 2016 prevede che abbiano diritto all’indennizzo, in caso di morte della vittima, la moglie e i figli, in loro assenza i genitori, in ultimo, se non vi sono i parenti indicati, i fratelli se conviventi e a carico del deceduto. L’indennizzo è di 50mla euro in caso di omicidio o di 60mila euro ma solo in favore di eventuali figli. Nel caso di Vanessa quindi nessun risarcimento andrà alle due sorelle che pure lo avevano richiesto.

Spiega la sentenza del yribunale di Roma pubblicata lo scorso 31 marzo a firma del giudice Pietro Persico: “L’indennizzo, in quanto beneficio legale volto a garantire un contributo per le vittime di reati violenti contro la persona che non riescono ad ottenere il risarcimento, non è equipollente al risarcimento integrale del danno subito dalla vittima di reati contro la persona, rimanendo pur sempre pienamente responsabile per l’intero ammontare del danno l’effettivo autore del reato. I singoli Stati membri dell’Ue mantengono un margine di discrezionalità per la quantificazione dell’indennizzo che deve comunque essere congruo ed adeguato. Non vi sono ragioni per non ritenere congruo e adeguato l’importo già erogato in favore degli aventi diritto, trattandosi di un importo che non può ritenersi certamente irrisorio e che risponde adeguatamente alla funzione indennitaria e non risarcitoria”.

L’Italia infatti si è adeguata solo nel 2016 alle direttive europee e la sentenza ne dà conto. Conclude il giudice capitolino: “Accerta e dichiara il tardivo adeguamento dello Stato italiano nel recepimento del diritto europeo di cui alla parte in motivazione della presente sentenza. Condanna la Presidenza del consiglio dei Ministri, convenuta al pagamento in favore dei genitori della vittima delle spese del presente giudizio (circa 9mila euro)”.

Difficile aggiungere altro.

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