Tumori, la responsabile degli screening: “Alimentazione, stile di vita e ambiente incidono sulla possibilità di ammalarsi”

La dottoressa Lidia Di Stefano: "Un dovere responsabile aderire ai test"

Cancro: un male insidioso che colpisce sia le donne che gli uomini e, purtroppo, anche i bambini.

Si dice che sia un’emergenza globale: i tumori, ogni anno, uccidono milioni di persone nel mondo.

Sull’argomento la redazione ha chiesto il parere della dottoressa Lidia Di Stefano, responsabile degli screening nell’area vasta dell’Asl Toscana nord ovest.

Gli studi più recenti pubblicati dall’Associazione Italiana Registri Tumori mettono in evidenza che in Italia ogni giorno si scoprono più di 1000 nuovi casi di tumori, dati aggiornati relativi all’anno 2022 riportano un totale di 390.700 nuovi casi di tumori diagnosticati. I tumori più frequentemente riscontrati negli uomini sono il tumore della prostata (18,5%), il tumore del polmone (14,1%) il tumore del colon retto (12%), mentre tra le donne prevale il tumore della mammella (30,3%), seguito dal tumore del colon retto (11,2%), il tumore del polmone (7,3%), il tumore della tiroide (5,4%) il tumore del corpo dell’utero (4,6%). A livello mondiale vi sono nazioni in cui la situazione è ancora più drastica rispetto a quella italiana, in linea generale si può affermare che siamo di fronte ad una vera e propria emergenza globale che annualmente miete tantissime vittime.

Come possiamo intervenire per interrompere, contrastare o attenuare questa emergenza. Sicuramente mettendo in atto tutte le conoscenza derivanti da anni di ricerca che vedono nella prevenzione e nella diagnosi precoce gli elementi fondamentali per evitare scenari devastanti.

L’importanza della prevenzione è testimoniata da tantissimi studi scientifici, essa consente da un lato di ridurre l’incidenza della malattie e la loro mortalità e dall’altra favorisce il mantenimento del benessere e della qualità della vita. Fare prevenzione significa offrire percorsi di salute che mirano a preservarla, per le istituzioni sanitarie è un dovere offrirla e per ogni cittadino “dovrebbe essere” un dovere responsabile aderire. Sottolineo il dovrebbe essere perché non tutti aderiscono ad esempio alle campagne vaccinali o agli inviti ad effettuare test di screening per patologie tumorali. In questi ultimi casi spesso la scarsa adesione deriva dalla paura dell’esito di un test di screening e qui mi sento di rassicurare: chi ha un esito positivo ad un test, non necessariamente ha il tumore. La positività indica solo che è stato rilevato un qualcosa di diverso dal normale che necessita di essere approfondito. Anche laddove la positività dovesse essere confermata è bene sottolineare che siamo nella fase della diagnosi precoce, che nella maggior parte dei casi è collegata ad ampi margini di ritorno alla normalità con pochi mirati interventi. Su tutto il territorio nazionale da anni, vengono offerti gratuitamente programmi di screening per determinate forme tumorali con test efficaci nel fare diagnosi precoce perché in grado di intercettare segni premonitori o lesioni precancerose in soggetti sani. Gli screening infatti sono esami condotti su soggetti asintomatici appartenenti a fasce più o meno ampie di popolazione aventi lo scopo di individuare una malattia o suoi precursori prima che si manifestino segni o sintomi di una certa malattia. Ad oggi esistono una vasta gamma di test di screening sicuri, tollerati, di facile esecuzione riservati a patologie per le quali la diagnosi precoce è in grado di cambiare il decorso della malattia stessa e perché legati alla lentezza evolutiva della malattia stessa. Le forme tumorali che si avvalgono di campagne consolidate di screening sono il tumore della cervice uterina, il tumore del colon retto, il tumore della mammella. Genere, periodicità dei test e fasce di età sono differenti a seconda del tipo di screening. Analizzandoli singolarmente troviamo: test offerti in giovane età come il pap test indirizzato a donne dai 25 a 33 anni ogni 3 anni e hpv (human papilloma virus) test offerto dai 34 ai 64 anni ogni 5 anni, per intercettare lesioni correlate al carcinoma della cervice uterina; test per la ricerca di sangue occulto nelle feci offerti a uomini e donne dai 50 ai 70 anni per rilevare lesioni correlate al tumore del colon retto; test mammografici per l’identificazione di noduli silenti o lesioni precancerose mammarie, offerti storicamente a donne dai 50 a 69 anni ogni 2 anni. Nella nostra regione quest’offerta è stata estesa anche a donne dai 45 ai 49 aa e a donne da 70 ai 74 anni. Si comprende subito che i test di screening strutturati oltre ad essere semplici, gratuiti, indolori o solo leggermente fastidiosi, indagano su tumori altamente diffusi nella popolazione, tumori che hanno una lenta progressione e per i quali esistono terapie efficaci e una prognosi favorevole. Come già detto si tratta di test semplici e non invasivi che a fronte dell’impiego di un po’ del proprio tempo, possono fare la differenza perché, intercettare una lesione precancerosa o una lesione tumorale in stadio iniziale oggi, significa evitare un tumore certo domani con tutte le conseguenze invalidanti e nefaste di una forma tumorale invasiva. Non dimentichiamo infine che fare prevenzione ha un impatto positivo anche sui costi del servizio sanitario nazionale favorendo lo spostamento di risorse dalla cura alla prevenzione stessa.

Per l’individuazione di patologie quali il tumore al seno, al collo dell’utero, al colon retto, alla pelle, esistono screening ad hoc, con inviti a sottoporsi agli esami.  Per altri tipi di cancro, invece, come quello al pancreas, il polmone, al cervello, il neuroblastoma, la leucemia, il  linfoma di Hodgkin (che colpisce il sistema linfatico) esistono screening?

Non esiste uno screening per il tumore del pancreas ma esami mirati come la risonanza magnetica o l’ecografia endoscopica a cui viene sottoposta una popolazione cosiddetta “ad alto rischio” sia per familiarità che per genetica. La ricerca ha dimostrato che circa il 40% dei soggetti ad alto rischio che si presentano per lo screening, presenta anomalie pancreatiche, normalmente lesioni cistiche. Tali lesioni sono comuni anche nella popolazione generale. Poche lesioni di questo tipo richiedono interventi, nella maggior parte dei casi occorre tenerle sotto osservazione per intercettare nel tempo eventuali segni evolutivi. Va sottolineato che la risonanza magnetica o le ecografie endoscopiche non si configurano come esami semplici e ben tollerati, essi possono presentare complessità anche nell’interpretazione, sottolineando l’importanza che lo screening venga eseguito e interpretato da operatori sanitari esperti nella sorveglianza dei casi ad alto rischio. Anche per il tumore al cervello non esistono programmi di screening e nemmeno prove significative che una diagnosi precoce condizioni favorevolmente la sopravvivenza. Nel caso del tumore al polmone, che rappresenta la principale causa di morte per cancro in entrambi i sessi a livello mondiale, la prevenzione dovrebbe essere l’argomento principe, vista la stretta correlazione con il fumo di sigaretta. In ambito di screening, l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha promosso il progetto Risp (Rete Italiana per lo Screening Polmonare), un programma gratuito di diagnosi precoce del tumore al polmone mediante Tac spirale a basso dosaggio, che si prefigge l’obiettivo di reclutare 10.000 soggetti ad alto rischio. Per partecipare allo screening, bisogna avere un’età compresa tra i 55 e i 75 anni, essere un forte fumatore, con un consumo medio di 20 sigarette al giorno per 30 anni, oppure essere un ex forte fumatore da massimo 15 anni. Relativamente al neuroblastoma, il tumore più frequente nei neonati ed uno dei tumori più comuni nei bambini di ogni età, prende origine in alcune aree del sistema nervoso o delle ghiandole surrenali, le cui cause sono spesso sconosciute. Circa il 90% di tutti i neuroblastomi si verifica nei bambini di età inferiore ai 5 anni. La maggior parte di questi tumori compare spontaneamente. Raramente, il neuroblastoma è familiare. Lo screening genetico è consigliato solo nei bambini con predisposizione familiare o portatori di sindromi predisponenti. I linfomi sono tumori che originano nel sistema linfatico ovvero nelle cellule (linfociti) presenti in tutto il nostro organismo che normalmente hanno il compito di difenderci da agenti esterni e dalle malattie. Attraverso il sangue e i vasi linfatici, il linfoma può diffondersi ad altri linfonodi, alla milza, al midollo osseo oppure a organi extra-linfatici come polmoni, stomaco, sistema nervoso centrale, fegato e altri ancora. I linfociti, infatti, circolano per il corpo intero e sono una delle strutture portanti del sistema immunitario umano. Anche i linfociti tumorali mantengono la capacità di circolare nel corpo ed è per questo che, spesso, i linfomi si presentano fin dall’inizio come malattie diffuse. Le cause dei linfomi non sono conosciute: agenti nocivi come virus, radiazioni o sostanze chimiche possono alterare le cellule rendendole immortali e facendo sì che si accumulino all’interno dei tessuti dando origine al tumore. Si distinguono due grandi categorie di Linfomi: Hodgkin (LH) e non Hodgkin (LNH). Il Linfoma di Hodgkin si osserva in circa 2 o 3 persone ogni 100 mila e colpisce in genere persone giovani, di età compresa fra i 20 e i 40 anni. Sono distinti in numerosi sottotipi che si differenziano per la cellula di origine (linfocita “B” o “T”), per il grado di aggressività e per le caratteristiche biologiche. Dal momento che ognuna di queste entità ha una storia naturale, una prognosi e un trattamento molto diversi tra loro, la corretta diagnosi del tipo di linfoma risulta fondamentale per la corretta presa in carico dei pazienti affetti da questa malattia. Non esistono purtroppo, ad oggi, misure di screening per la diagnosi precoce di linfoma. La comparsa di ingrossamenti delle ghiandole linfatiche deve innanzitutto far escludere cause non tumorali come ad esempio la mononucleosi, la malattia da graffio di gatto oppure altre infezioni dentali, urinarie, ginecologiche. Un discorso a parte ed estremamente interessante, merita la leucemia. Si va verso un test del sangue per predire, anni prima della diagnosi, chi si ammalerà di leucemia mieloide acuta, un tumore del sangue molto aggressivo che compare all’improvviso e contro cui oggi sono ancora poche le cure disponibili. Reso noto sulla rivista “Nature”, vi e’ uno studio ancora in corso, con oltre mezzo milione di partecipanti. Gli esperti hanno confrontato campioni di sangue dei partecipanti prelevati e conservati a lungo in una biobanca, quando tutti i soggetti coinvolti erano sani. Nel tempo, alcuni individui si sono ammalati di diversi tumori tra cui leucemia mieloide acuta. Ebbene, è emerso che già anni prima dell’esordio della malattia, nel sangue dei futuri pazienti erano presenti modifiche genetiche in punti precisi del Dna. Queste modifiche “pretumorali” potrebbero infatti divenire la base di un test del sangue predittivo della leucemia. La studio fornirebbe la prova che è possibile individuare persone a rischio di sviluppare la leucemia mieloide acuta anni prima del suo esordio, la speranza è quella di sviluppare test di screening affidabili per identificare le persone a rischio”.

Esistono fattori esterni come cibo, stile di vita non corretti, ambiente ( acqua, aria e suolo ), e quindi inquinamento, che contribuiscono alla possibilità di ammalarsi di tumore?

Sono tantissimi i fattori esterni in grado di incidere sulla possibilità di ammalarsi di tumore a partire dall’alimentazione, allo stile di vita, all’ambiente. Per prevenire lo sviluppo di alcune tipologie di tumori è importante cominciare all’alimentazione che deve essere varia, ricca di alimenti di origine vegetale. Da privilegiare il consumo di carni bianche rispetto alla carne rossa, ridurre il consumo di alimenti trasformati verso prodotti più semplici e genuini, aumentare il consumo di alimenti come legumi e cereali integrali, frutta e verdura, limitare il consumo di prodotti industriali e alimenti zuccherati. Una regola fondamentale da mettere in pratica è quella di non abusare di un solo alimento e di variare sempre la dieta. Cercare quanto più possibile di mantenere il proprio peso forma e praticare attività fisica. Relativamente al legame tra forme tumorali e fonti di inquinamento ambientale e fattori socio economici vi sono studi durati oltre un decennio e portati avanti con innovativi e sofisticati metodi di intelligenza artificiale, da un gruppo di studiosi dell’Università di Bologna, dell’Università di Bari e del Cnr che hanno dimostrato come la mortalità per tumore supera la media nazionale soprattutto nelle zone dove l’inquinamento ambientale è più elevato anche se si tratta di zone in cui le abitudini di vita sono più sane. Questo significa che un’area altamente inquinata, annulla i benefici che si ottengono con uno stile di vita sano (nonostante la popolazione, fumi meno e vi sia un ridotto sovrappeso) e induce lo sviluppo di tumori con mortalità maggiore. Di conseguenza è necessario ridurre le fonti di inquinamento in generale, oltre ad avere una maggiore attenzione alle problematiche socio-economiche e sanitarie”.

Quanto influisce la genetica?

Circa il 10% dei tumori ha origine da fattori di rischio ereditari, identificare eventuali mutazioni favorirebbe la diagnosi precoce e la personalizzazione delle cure ma l’utilità degli screening genetici per tutta la popolazione, resta da chiarire. In realtà si eredita un background genetico favorevole all’insorgenza della malattia non la malattia stessa. I tumori con fattori di rischio ereditari, in cui la mutazione e’ già presente alla nascita, rappresentano il 5-10% di tutte le neoplasie, la maggior parte dei tumori sono invece sporadici. Un discorso a parte, meritano le sindromi eredo-familiari come la “sindrome del cancro della mammella e dell’ovaio” che è forse la più conosciuta, legata alla mutazione dei geni Brca1 (brest cancer Type 1) e Brca2. Il test genetico Brca1/Brca2 consiste in un semplice prelievo di sangue dal quale viene estratto il Dna e sottoposto ad indagini molecolari per individuare la presenza di mutazioni genetiche ereditarie. Le donne portatrici di questi due geni mutati presentano un rischio più elevato di sviluppare tumori al seno o all’ovaio rispetto alla popolazione normale. Dal 2012, in molte regioni italiane, si utilizza la risonanza magnetica mammaria annuale nelle donne con varianti del gene Brca. Per certi tumori e in situazioni precise, dopo aver soppesato i rischi e i benefici, si può ricorrere alla chirurgia preventiva, per esempio nel caso di mutazioni del Brca si tratta di asportazione di seno e ovaie”.

Da una diagnosi precoce alle terapie (chemio e radio), il cancro è diventato più curabile?

“Indubbiamente la diagnosi precoce e gli sviluppi della ricerca hanno fatto si, che molti tumori possano essere trattati con cure oncologiche più avanzate e siano diventati più curabili. Cionostante va sottolineato che ogni tumore richiede un approccio diverso e spesso, tempi di cure diversi. In generale, più la diagnosi è precoce, più la cura può essere tempestiva ed efficace. Ma non si può generalizzare, ci sono tumori come quello del testicolo che risponde bene alla chemioterapia e che può guarire completamente anche quando ha già dato luogo metastasi; altri tumori invece, come quelli cerebrali che sono difficilmente curabili anche quando sono iniziali. Per altre neoplasie, mi riferisco per esempio al tumore prostatico, che è a lento accrescimento, si può effettuare una sorveglianza attiva con esami ripetuti, senza intervenire e solo se si nota un’improvvisa accelerazione, si passa a vere e proprie cure. Un grande passo in avanti per il trattamento di alcuni tumori sensibili alla radioterapia è stato fatto con l’introduzione della radioterapia intra-operatoria, tecnica che si è diffusa negli ultimi anni che consente di concentrare una maggiore dose di radiazioni direttamente sulle zone tumorali evitando di danneggiare i tessuti sani circostanti. Vi è poi da citare l’utilizzo dei farmaci biologici o a “bersaglio molecolare”, sostanze in grado di riconoscere la cellula tumorale e promuoverne la distruzione dal parte del sistema immunitario; possono essere anticorpi in grado di indirizzare il farmaco all’interno della cellula malata provocandone la distruzione. La terapia migliore e più mirata, varia da paziente a paziente, per evitare che il malato oncologico, sia sottoposto a terapie inappropriate, le società scientifiche internazionali hanno redatto le Linee Guida che danno indicazioni sui protocolli di cura scientificamente più adeguati. E’ compito dell’oncologo trovare un accordo con il paziente sulla terapia da mettere in atto soppesando rischi e benefici che una determinata cura oncologica può comportare, elencando complicanze ed effetti collaterali e soprattutto, quanto e’ gestibile la cura; per esempio, alcuni pazienti possono per problematiche personali, preferire una terapia che preveda un unico ricovero, altri invece scegliere di essere seguiti con maggiore assiduità. Mi sento di ribadire la necessità di fidarsi della scienza, di non correre dietro a chiunque prometta una soluzione semplice e definitiva per la loro malattia”.

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