Lo sposo è incapace di intendere e di volere: il tribunale annulla il matrimonio

Un 75enne della Garfagnana era affetto da una malattia degenerativa da prima del fatidico sì: 4 anni di udienze e perizie per la sentenza

Sposa il compagno che però è incapace di intendere e volere, il tribunale cittadino annulla tutto. Una storia delicata e particolare quella che vede al centro, suo malgrado, un vedovo 75enne della Garfagnana che negli anni si è ammalato di Alzheimer, fino al terzo grado della malattia, e che si è ritrovato sposato molto probabilmente senza rendersene conto. I giudici hanno dichiarato nullo il matrimonio “sospetto” a seguito della denuncia da parte dell’amministratore di sostegno che ha effettuato l’incredibile scoperta dopo essersi insediato. I figli avevano notato il progressivo peggioramento della sua salute ma la compagna che frequentava da un po’ di tempo “faceva ostruzionismo”, come si legge in sentenza, e quindi a tutela del genitore avevano avviato l’iter per l’interdizione e la nomina di un amministratore di sostegno da parte del giudice tutelare del tribunale di Lucca, non sospettando nemmeno all’epoca tutto quello che poi è emerso in giudizio.

Dal 2004 infatti è presente nel nostro ordinamento il nuovo istituto dell’amministrazione di sostegno, lo scopo di questa nuova figura giuridica è quello di affiancare il soggetto la cui capacità di agire risulti limitata o del tutto compromessa; è sostanzialmente una figura di protezione che ha la funzione di tutelare le persone prive in tutto o in parte di autonomia, con la minore limitazione possibile della capacità di agire (idoneità del soggetto a porre validamente in essere atti idonei a incidere sulle situazioni giuridiche di cui è titolare). A luglio del 2018 i dunque giudici nominano l’avvocato Chiara Pierallini di Lucca amministratore di sostegno dell’uomo che scopre immediatamente ciò che nemmeno i figli sapevano: l’uomo a maggio si era sposato con la donna che frequentava da un po’ di anni. Ma come poteva quell’uomo, ormai così grave, aver potuto, soli due mesi prima, essere lucido e presente a se stesso, tale da poter sposare la donna in piena coscienza e volontà? La domanda che l’amministratore e i figli hanno posto ai giudici in una causa ad hoc per chiedere la nullità del matrimonio celebrato che li ha indotti anche a porsi mille interrogativi e sospetti. Nei giorni scorsi il tribunale cittadino, in composizione collegiale, formato dai giudici Giuntoli, Martelli e Croci, dopo 4 anni di udienze e perizie mediche, dopo aver accertato lo stato di incapacità di intende e volere del 75enne al momento della celebrazione, ha dichiarato la nullità del matrimonio celebrato a Lucca il 24 maggio del 2018.

Forse la donna quando si è resa conto che i figli a causa della malattia degenerativa del padre stavano per chiedere ai giudici un amministratore di sostegno ha convinto “facilmente” l’uomo a sposarsi, verosimilmente (vista la tempistica) per le proprietà immobiliari e per la reversibilità della pensione dopo il decesso, perchè questo tipo di pazienti presentano una  mortalità maggiore rispetto ai soggetti della stessa età non malati di questa terribile e impietosa patologia. I sospetti dei familiari, comunque, erano tutti in questa direzione perché durante gli anni di frequentazione nessuno aveva mai parlato di matrimonio tant’è che è stato scoperto solo dallo stesso amministratore di sostegno dopo il suo insediamento e a prescindere da ogni considerazione un matrimonio esige la piena coscienza e consapevolezza per cui a quel punto il tutore era anche obbligato ad agire.

Il processo e la sentenza

Si legge infatti in sentenza: “A tal fine l’amministratore ha dedotto: di avere appreso solo dopo la misura di protezione emessa in favore dell’uomo a luglio del 2018, del matrimonio celebrato due mesi prima, in maggio; che dalla documentazione medica prodotta è emerso che già prima della richiesta di nomina dell’amministratore di sostegno il beneficiario aveva manifestato in maniera evidente i sintomi del morbo di Alzheimer; che al momento della celebrazione del matrimonio il decadimento cognitivo era di gravità tale da impedire la valida espressione di una propria volontà. Sulla base della documentazione medica versata in atti il ctu nominato ha potuto riscontrare che l’insorgenza del morbo di natura degenerativa da cui è affetto il 75enne è da far risalire a una data ben antecedente quella del contestato matrimonio”. I medici incaricati dal tribunale hanno accertato che “alla data del 24 maggio 2018 fosse del tutto incapace di intendere e volere, in quanto preda di una profonda disorganizzazione cognitiva di tipo demenziale”. Valutazioni condivise pienamente dai giudici “in quanto fondate sulla documentazione medica in atti, corroborata da dati scientifici”.

La donna si era difesa in giudizio sostenendo che “l’uomo era pienamente capace al momento della celebrazione, essendosi manifestato solo successivamente il decadimento mentale, in maniera repentina ed improvvisa”. Tesi smentite dai giudici in modo chiaro e categorico in sentenza: “Tali tesi sono smentite dalla documentazione clinica in atti, cui si è fatto sopra riferimento. È emerso, infatti, che già due mesi prima della data del matrimonio la compromissione delle facoltà mentali dell’uomo era giunta ad uno stadio tale per cui questi non era in grado di esprimere una volontà consapevole e cosciente, attese le risultanze dello specifico test sopra citato (mmse). Di tal che è da escludersi, con un elevato grado di attendibilità scientifica, che il giorno delle nozze fosse consapevole e cosciente dell’atto che andava a compiere e quindi, versasse in uno stato di lucidità, trattandosi di una patologia a carattere irreversibilmente degenerativo. Nel caso concreto tale presunzione è risultata avvalorata all’esito della consulenza tecnica espletata e non è stata efficacemente contrastata da parte convenuta”.

Per tali ragioni e motivazioni è stata quindi dichiarata la nullità del matrimonio celebrato il 24 maggio del 2018, con ordine all’ufficiale di stato civile del Comune di Lucca di procedere alla trascrizione e annotazione della sentenza. La donna è stata anche condannata a pagare le spese processuali. Un complesso iter giudiziario che ha fatto luce su una vicenda che lascia ovviamente aperte, invece, numerose questioni soprattutto a livello umano.

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