Apuane, nuovo esposto in procura: “Una cava ha cancellato un valico”

Denuncia dell'associazione a tutela del parco

Un esposto alla procura per presunto danno ambientale. E’ ancora l’associazione Apuane libere ad averlo depositato, segnalando quello che viene descritto come un “gravissimo danno ambientale e paesaggistico”. I membri dell’associazione si riferiscono alla sella glaciale a cavallo tra le province di Lucca e Massa Carrara.

Un vulnus, spiegano, che sta consumando la “catena montuosa delle Alpi apuane al Passo della Focolaccia a 1650 metri sul livello del mare e ricadente nei territori dei comuni di Minucciano e di Massa, dove la cava di marmo di Piastramarina ha tagliato la cresta che univa il monte Cavallo al monte Tambura cancellando il valico stesso che ora risulta abbassato di oltre 90 metri”.

“È poi francamente inaccettabile – spiegano dal tritone apuano – che adesso l’amministrazione del Comune di Massa, abbia in previsione di entrare in galleria anche dal lato mare, modificando ulteriormente questo luogo già irrimediabilmente sfigurato. Per coloro che non lo sapessero, è dal luglio del 1959 che questa attività estrattiva ha iniziato ad alterare irreversibilmente le condizioni originarie dello spartiacque principale delle Alpi Apuane, offendendo e oltraggiando l’ambiente circostante, tagliando di netto moltissime cavità carsiche ed allacciandosi abusivamente alle già risicate polle d’acqua presenti, per poter affettare la preziosa lente marmorea di Bianco P. Sempre per amor di memoria storica, ricordiamo che, nonostante questa attività estrattiva sia stata posta sotto sequestro dalla procura della Repubblica di Lucca dal procuratore Fabio Origlio per ben due volte: la prima nel 1992 perché abusiva e la seconda nel 1994 per mancanza del vincolo paesaggistico; fu poi fermata più volte nel corso degli anni perché non aveva rispettato i piani di coltivazione. Passata in mano a diversi imprenditori, in maniera a dir poco opaca, è attualmente gestita da imprenditori dei paesi arabi, che hanno potuto continuare la loro opera devastatrice fino ai giorni nostri”.

“Un altro increscioso reato – affermano da Apuane libere -, potrebbe configurarsi nel versante sottostante la cava, dove, in conseguenza di questa attività estrattiva, nel corso degli anni si è formata un’enorme discarica di materiale di scarto di cava (in gergo definito Ravaneto) che ha creato un gravissimo dissesto idrogeologico, pericolosissimo per gli abitati sottostanti in caso di gravi calamità naturali (terremoti, bombe d’acqua, alluvioni ,ecc.): anche e soprattutto per la presenza di numerosi massi in precario equilibrio e in conseguenza agli imminenti mutamenti climatici in atto che rendono più vulnerabile il territorio. Inoltre – continua l’associazione – questa attività ha provocato nel tempo l’ostruzione di cavità naturali e della parte iniziale dell’alveolo del torrente Acqua Bianca e la scomparsa di diverse piante relitte e endemiche: oltretutto siamo fortemente preoccupati in quanto tutto il suolo in cui si svolge questa attività, è ad alta vulnerabilità degli acquiferi in stretta connessione con la più grande sorgente idropotabile della Toscana quella del Frigido di Forno”.

“Esiste la seria possibilità – spiega il presidente di Apuane Libere, Gianluca Briccolani – che il sito estrattivo di Piastramarina, visto che è stata tagliata e abbassata di parecchi metri questa vera e propria barriera naturale che divide due ambienti diversi, abbia inciso e possa ancora incidere sul micro clima della zona: è per questo che abbiamo scritto al neoprocuratore di Lucca Domenico Manzione. Grazie al nostro nuovissimo ufficio legale, siamo partiti dalla considerazione che la legislazione italiana sancisce che l’ambiente e il paesaggio sono un bene comune e un valore aggiunto in un paese a vocazione turistica come il nostro e che persino la legislazione regionale Toscana stabilisce che le modifiche morfologiche introdotte dalla coltivazione del marmo non devono alterare le linee di crinale e di vetta (mentre la legge 431/85 Galasso stabilisce che sopra i 1200 metri sul livello del mare)”.

“Questa zona – continua il presidente – è tutta sottoposta a vincolo paesaggistico, e già una sentenza della corte costituzionale (la numero 105/2008) ha sancito che in caso di contrasto tra bene economico e quello paesaggistico è quest’ultimo a dover prevalere. Non solo, l’articolo 9 della costituzione Italiana recentissimamente integrata il 12 ottobre scorso recita che la Repubblica Italiana tutela il paesaggio, l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. Vogliamo far sapere di non condividere le scelte delle avide amministrazioni comunali di Minucciano e di Massa, le quali, anziché valorizzare il proprio territorio a livello turistico o comunque sostenibile dall’ambiente, preferiscano svenderlo e farlo distruggere a ditte private, creando incalcolabili danni erariali ed ambientali alla collettività. In considerazione di tutto quanto sommariamente esposto alle autorità competenti nel far rispettare le leggi – conclude Briccolani – chiediamo che questa attività estrattiva venga fermata immediatamente e quell’esiguo numero di posti di lavoro vengano riciclati attraverso la valorizzazione delle ricchezze ambientali paesaggistiche e culturali che queste montagne possiedono (ad esempio nel Parco delle Alpi Apuane) fornendo nuove opportunità di lavoro più dignitose e molto meno pericolose, riuscendo finalmente a conciliare il bene economico con la tutela dell’ambiente: insomma mettendo in pratica non a parole ma con i fatti la sbandierata transazione ecologica e quella la lotta ai mutamenti climatici, al dissesto idrogeologico e al consumo del suolo che l’Europa ci chiede”.

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